Abbiamo visto, negli studi precedenti, i grandi protagonisti impiegati da Dio nella formazione del suo popolo: Abraamo, Isacco, Giacobbe, Mosè e Giosuè. Coprono un periodo di circa 500 anni, da circa il 2000 al 1500 prima della nascita di Yeshùa. È indubbiamente utile per la propria formazione spirituale riflettere sulle qualità di questi uomini di Dio. Non potremo che trarne del bene.

   Isacco. Secondo la tradizione ebraica, Isacco aveva ormai 25 anni (Antichità giudaiche, I, 227 [xiii, 2]) quando stava per essere sacrificato dal padre Abraamo per comando di Dio. Ovviamente, Dio non voleva un sacrificio umano. Ma voleva vedere fino a che punto Abraamo lo amava e gli ubbidiva. La Bibbia dice: “Dio mise alla prova Abraamo” (Gn 22:1). Quando Abraamo fu sul punto di uccidere Isacco, Dio lo fermò. Per la sua età ormai adulta, Isacco era perfettamente consapevole di ciò che stava accadendo quando “Abraamo costruì l’altare e vi accomodò la legna; legò Isacco suo figlio, e lo mise sull’altare, sopra la legna” (v. 9). Dovette essere un momento terribile quando “Abraamo stese la mano e prese il coltello per scannare suo figlio” (v. 10). È possibile che poi una persona superi un tale trauma? Dovette essere molto rassicurante per Isacco – oltre che per Abraamo – udire l’angelo che diceva al padre: “Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli male!” (v. 12). Da quanto la Bibbia dice di lui, sappiamo che Isacco non serbò rancore e rimase, anzi, fedele a Dio. Nella citata Antichità giudaiche, Giuseppe Flavio aggiunge dei commenti al racconto biblico e dice che quando Abraamo gli legò mani e piedi per sacrificarlo, Isacco – dopo aver aiutato il padre a edificare l’altare – disse che “‘non sarebbe stato degno di essere nato se avesse rigettato la determinazione di Dio e di suo padre . . . Così andò immediatamente all’altare per essere sacrificato”. – I, XIII, 2, 4.

   Questo avvenimento denota non solo la sottomissione di Isacco, ma anche la sua obbedienza e la sua fede. E la sua lealtà al padre. Sono le stesse qualità che Yeshùa mostrò fino alla prova estrema quando lui, “agnello di Dio” (Gv 1:29,36), fu sacrificato senza che questa volta Dio intervenisse. – Mt 27:46.

   Le sue qualità di obbedienza e sottomissione Isacco già le aveva manifestate a cinque anni, quando il fratellastro diciannovenne Ismaele “rideva” (Gn 21:9), e non era un riso di innocente allegria. Il termine ebraico tradotto “rideva” è מְצַחֵק (metzakhèq), il cui significato può essere anche offensivo. Quando questo termine ricorre in Gn 19:14;39:14,17 ha il senso non di ridere, ma di “deridere”, “farsi beffe”, “offendere”. Infatti, certi Targumìm e la Pescitta siriaca attribuiscono, in Gn 21:9, il senso di “deridere”. Cook, nel suo commentario, afferma: “In questo passo, secondo l’opinione comune, ha probabilmente il senso di ‘risata di scherno’. Mentre per Isacco Abraamo aveva riso di gioia e Sara d’incredulità, ora Ismaele ride in segno di scherno, probabilmente manifestando uno spirito persecutorio e dispotico”. L’apostolo Paolo dice che Ismaele lo “perseguitava” (Gal 4:9). La cosa era giunta a tale gravità che non solo Sara chiese al marito Abraamo di cacciare da casa Ismaele (Gn 21:10), ma Dio stesso appoggiò la decisione di Sara: “Acconsenti a tutto quello che Sara ti dirà” (v. 12). Ma in tutta quell’atmosfera così pesante e difficile, quale fu il comportamento del bambino Isacco? La Bibbia non dice che frignasse o si lamentasse ricorrendo ai genitori per essere difeso. E non dice neppure che poi esultasse alla cacciata di Ismaele. Aveva solo cinque anni, ma era già sottomesso e ubbidiente, perfino pronto a subire ingiustizie. Mostrava già quella qualità che Yeshùa avrebbe manifestato in maniera perfetta, quando “oltraggiato, non rendeva gli oltraggi”. – 1Pt 2:23.

   Nella Bibbia c’è una strana definizione di Dio: “Il Terrore d’Isacco” (Gn 31:42). Ciò denota che Isacco provava un timore reverenziale per Dio, che temeva di dispiacergli. Questa qualità si chiama timor di Dio.

   La sensibilità e la tenerezza di Isacco le si notano anche in occasione del suo matrimonio. Quando gli fu condotta per la prima volta Rebecca, “Isacco era uscito, sul far della sera, per meditare nella campagna” (Gn 24:63). “Isacco condusse Rebecca nella tenda di Sara sua madre, la prese, ed ella divenne sua moglie, ed egli l’amò [“si innamorò di lei”, TNM]” (v. 67). Bella la scena dei due innamorati, in cui “Isacco scherzava [“si divertiva”, TNM] con Rebecca sua moglie [“Isacco e sua moglie Rebecca nella loro intimità”, PdS]”. – Gn 26:8.

   La fede di Isacco appare ulteriormente dalla fiducia che aveva in Dio, il suo “Terrore” (Gn 31:42), che egli pregava per avere un figlio: “Isacco implorò il Signore per sua moglie Rebecca, perché ella era sterile. Il Signore l’esaudì e Rebecca, sua moglie, concepì” (Gn 25:21). A lui Dio aveva rinnovato la promessa che la sua discendenza sarebbe stata innumerevole (Gn 26:3,4), eppure sua moglie Rebecca rimase sterile per 20 anni. Ci voleva davvero fede per continuare a credere mentre gli anni e i decenni passavano.

   La ragionevolezza di Isacco è mostrata nell’episodio in cui Abimelec, re dei filistei, gli chiede di andarsene: “Vattene via da noi, perché tu sei molto più potente di noi” (Gn 26:16); “Isacco allora partì di là” (v. 17). Si tratta anche di disponibilità, amorevole come quella di suo padre Abraamo. Quando Abimelec lo cerca, dopo avergli chiesto di andarsene, per fare un patto, “Isacco fece loro un banchetto, ed essi mangiarono e bevvero”. – V. 30.

   Ragionevolezza insieme a santa devozione per le norme divine la mostrò anche quando “Rebecca disse a Isacco: ‘Sono disgustata a causa di queste donne ittite’” (Gn 27:46) e lui “chiamò Giacobbe, lo benedisse e gli diede quest’ordine: ‘Non prendere moglie tra le donne di Canaan’”. – 28:1.

   Sebbene non della statura di suo padre Abraamo, anche Isacco fu un uomo di fede e di obbedienza. Arrendevole e gentile, aveva un santo timore di Dio, il suo “Terrore”.