Nello studio comparato dei passi biblici che comprovano che i fratelli di Yeshùa erano suoi fratelli veri, il problema dominante è l’esegesi dei passi che riguardano le donne che da lontano assistevano all’agonia finale di Yeshùa sulla croce su cui morì. Luca non ne parla, forse per il fatto che già prima aveva narrato delle donne che seguivano Yeshùa nella sua predicazione aiutandolo con le loro offerte: “Egli [Yeshùa] se ne andava per città e villaggi, predicando e annunziando la buona notizia del regno di Dio. Con lui vi erano i dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti maligni e da malattie: Maria, detta Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; Giovanna, moglie di Cuza, l’amministratore di Erode; Susanna e molte altre che assistevano Gesù e i dodici con i loro beni” (Lc 8:1-3). Se, comunque, Luca si limita a questo accenno, gli altri tre evangelisti parlano delle donne che seguirono l’agonia di Yeshùa. Vediamo dunque a quali conclusioni ci porta lo studio comparato di questi passi.

 

Matteo 27:55,56:

 “C’erano là molte donne che guardavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per assisterlo; tra di loro erano Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo e di Giuseppe, e la madre dei figli di Zebedeo”.

 

Marco 15:40:

“Vi erano pure delle donne che guardavano da lontano. Tra di loro vi erano anche Maria Maddalena, Maria madre di Giacomo il minore e di Iose, e Salome, che lo seguivano e lo servivano da quando egli era in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme”.

 

Giovanni 19:25:

“Presso la croce di Gesù stavano sua madre e la sorella di sua madre, Maria di Cleopa, e Maria Maddalena”.

 

   Dall’esame dei passi citati si nota come tutti e tre gli evangelisti, tra le molte donne presenti, ne nominano tre che formano quasi un gruppo a parte, e che sono:

  1. Maria Maddalena (Mt, Mr, Gv)
  2. Una Maria detta moglie di Cleopa (Gv) e madre di Giacomo e Iose (Mt, Mr)
  3. Una terza innominata: detta sorella di Miryàm, madre di Yeshùa, da Giovanni; detta Salome da Marco; detta madre dei figli di Zebedeo da Matteo.

   Questi dati biblici hanno provocato diverse interpretazioni tra gli esegeti. E, dato che interpretazioni diverse non possono essere tutte vere, occorre esaminarle per escludete quelle insostenibili biblicamente.

   Il cardine della discussione è dato da Gv 19:25 dove alcuni esegeti vogliono vedere solo due donne, oltre alla madre di Yeshùa, mentre altri esegeti (in armonia con Mt e Mr) ne trovano tre.

   L’esame potrebbe apparire alquanto tedioso, ma il risultato sorprendente a cui porta giustifica l’impegno della nostra accurata disamina.

   Prima ipotesi. Giacomo “fratello del Signore” sarebbe da identificarsi con Giacomo il minore o più piccolo (Mr), figlio di Cleopa, cugino di Yeshùa ma non apostolo. Questa ipotesi viene sostenuta dal seguente ragionamento: siccome presso Yeshùa morente stava una Maria, moglie di Cleopa (Gv) e madre di Giacomo il piccolo e di Iose (Mr), si è creduto bene di identificare  con questi due figli di Cleopa gli omonimi “fratelli” di Yeshùa. In più, poggiandosi su Gv (‘sorella di Miryàm madre di Yeshùa’), si crede di poterli asserire cugini di Yeshùa; a sostegno di ciò si porta il fatto che nel testo greco di Gv manca la congiunzione “e” (καὶ, kài) tra “sorella di sua madre [-] Maria di Cleopa”:

ἡ ἀδελφὴ τῆς μητρὸς αὐτοῦ Μαρία ἡ τοῦ Κλωπᾶ

e adelfè tes metròs autù Marìa e tu Clopà

la sorella della madre di lui Maria la del Cleopa

   Si crede quindi di potere ritenere questa Maria la sorella della madre di Yeshùa (altrimenti rimarrebbe innominata). Secondo questa ipotesi viene offerta la seguente traduzione di Gv 19:25: “Presso la croce di Gesù stavano sua madre , la sorella di sua madre [chiamata] Maria [moglie] di Cleopa, e Maria Maddalena”. C’è da dire che questa traduzione è possibile per il fatto che i codici dell’originale greco non presentano mai i segni di interpunzione (punteggiatura): nei codici, per economia di spazio (dato l’alto costo del materiale), si scrivevano le parole una dopo l’altra senza nessuno spazio intermedio e senza punteggiatura, quindi senza virgole o punti.

   Se questa interpretazione fosse vera, la sorella della madre di Yeshùa (Gv) sarebbe anche la madre di Giacomo e Iose (Mr), “fratelli del Signore”, per cui sarebbe zia di Yeshùa; per conseguenza, Giacomo e Iose sarebbero cugini di Yeshùa.

   Questa ipotesi è da confutare. Sebbene l’interpretazione sia grammaticalmente sostenibile, non è sostenibile biblicamente: non salvaguarda infatti il gruppo delle tre donne presenti alla morte di Yeshùa. Per poter armonizzare anche Gv, in modo che si accordi con Mt e Lc, occorre separare e distinguere la “sorella della madre di Yeshùa” dalla seguente “Maria di Cleopa”. In questo caso i testi dei tre vangeli sono concordi nel parlare di tre donne presenti, oltre alla madre di Yeshùa.

   Che dire allora della mancanza della congiunzione “e” (καὶ, kài)? Essa rientra nel sistema delle elencazioni a ritmo binario, che si trova anche nell’elenco degli apostoli di Mt 10:2-4; anche qui, infatti, gli apostoli sono elencati a due a due. Così abbiamo anche in Gv una elencazione di quattro donne a ritmo binario (a due a due):

Primo binario

1

sua madre

2

e la sorella di sua madre

Secondo binario

3

Maria moglie di Cleopa

4

e Maria Maddalena

   Ma c’è di più: essendo strana la omonimia di due sorelle con lo stesso nome di Maria (ebraico Miryàm), sarebbe giocoforza intendere anche questa “sorella” come cugina. In questo caso Giacomo e Iose non sarebbero più cugini germani di Yeshùa, ma cugini secondi, rendendo sempre più innaturale la denominazione come “fratelli”; non solo, ma sarebbe ancora più strano il loro legame con Miryàm e con Yeshùa: perché mai citare, nei testi che li riguardano, ogni volta i cugini secondi? E, come se non bastasse, diverrebbe più innaturale la loro posizione di preminenza nella congregazione primitiva, meglio comprensibile nel caso di fratelli veri di Yeshùa.

   In tale assurda ipotesi, non si comprende nemmeno il fatto per cui siano ricordati solo due suoi figli, “Giacomo e Iose”, senza nominare gli altri due, “Simone e Giuda”, che pur erano suoi figli. Si deve forse formulare una nuova ipotesi sull’ipotesi, attribuendo ai due esclusi una paternità diversa? È inaccettabile: il gruppo dei quattro fratelli è ricordato nei Vangeli con omogeneità (‘Giacomo, Giuseppe, Simone, Giuda’); in ogni caso, la madre è la stessa. Risulterebbe poi strano che anche Mt, che per il fratello di Yeshùa usa il nome “Giuseppe”, abbia a chiamarlo con l’abbreviazione di “Iose” (che nel suo Vangelo non usa mai).

   Non è quindi biblicamente accettabile questa prima ipotesi che identifica i fratelli di Yeshùa con Giacomo e Iose figli di Maria moglie di Cleopa e zia di Yeshùa.

   Seconda ipotesi. Giacomo “fratello del Signore” sarebbe da identificarsi con Giacomo il minore o più piccolo (Mr), figlio di Cleopa/Alfeo, cugino di Yeshùa ed apostolo. Questa ipotesi è cara a molti cattolici. È la stessa ipotesi precedente, ma in questa si va oltre: si ritiene possibile identificare Giacomo il piccolo con l’apostolo omonimo. Per arrivare a questa conclusione si poggia su Gal 1:19 in cui Paolo dice: “Non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo Giacomo, il fratello del Signore”. Molti cattolici traducono questo passo così: “Né vidi nessun altro apostolo, all’infuori di Giacomo, il fratello del Signore” (Gar). Questi traduttori traducono la preposizione greca εἰ μὴ (èi me) con “eccetto” o “all’infuori di” o “ad accezione di”. In tal caso, Giacomo sarebbe un apostolo lui pure. Ma con chi identificarlo?

   Non certo con il Giacomo apostolo tra i dodici, fratello di Giovanni e figlio di Zebedeo (Mt 10:2): quello era già morto al tempo della ricordata visita di Paolo a Gerusalemme: “Il re Erode cominciò a maltrattare alcuni della chiesa; e fece uccidere di spada Giacomo, fratello di Giovanni”. – At 12:1,2.

   Andrebbe allora identificato con Giacomo figlio di Alfeo, elencato sempre tra i dodici (Mr 3:18; Mt 10:3; Lc 6:15; At 1:13)? Questo farebbe sorgere un nuovo problema, dato che i passi biblici gli danno una diversa paternità:

   a. Giacomo, figlio di Alfeo (sinottici);

    b. Giacomo, figlio di Cleopa (Gv).

   Gli esegeti cattolici che sostengono questa seconda ipotesi che stiamo considerando cercano di trarsi dall’impaccio sostenendo che Cleopa e Alfeo siano la stessa persona: il suo nome aramaico sarebbe חלפי (Khalfài), trascritto Κλωπᾶ  (Clopà, Cleopa) da Gv e trascritto Ἁλφαίος (Alfàios, Alfeo) dai sinottici. Anche i testimoni di Geova sembrano sostenere questa interpretazione: “In genere si crede, ed è assai probabile, che Alfeo e Clopa fossero la stessa persona” (Perspicacia nello studio delle Scritture, volume 1, pagina 1100, voce “Giacomo” numero 3. Il corsivo è stato aggiunto per dare enfasi). Ritenendo sicuro questo dato, questi esegeti cattolici pensano di poter progredire ancora di più e identificano con i “fratelli” di Yeshùa anche il Giuda e il Simone che pure appaiono nell’elenco dei dodici apostoli, così che anche questi ultimi due sarebbero figli di Cleopa/Alfeo e quindi essi pure cugini di Yeshùa.

   Va confutata anche questa seconda ipotesi. Oltre ad essere soggetta a tutte le critiche già addotte per la prima ipotesi, questa seconda ipotesi contrasta con i dati biblici. Ecco perché:

   Se gli apostoli Giacomo, Simone e Giuda fossero “fratelli” di Yeshùa, non si comprende come mai non siano detti tali nell’elenco dei dodici apostoli, mentre lo sono sempre altrove.

   Se fossero stati tutti e tre figli di Cleopa/Alfeo e di Maria sorella della madre di Yeshùa, non si spiega come mai la loro identificazione sia diversa nei Vangeli: Simone viene detto zelota (Lc 6:15; “zelota” o “zelante”, un aderente al partito degli zeloti, alleati dei farisei ma nazionalisti fanatici e ardenti patrioti); Giuda viene individuato in differenti maniere (ma mai viene detto ‘fratello del Signore’): Gv lo distingue dall’“Iscariota” (14:22), Mr (3:18) e Mt (10:3) lo chiamano “Taddeo” e lo dicono figlio “di Giacomo”; sarebbe un modo ben strano di denominare vari fratelli tra loro. È  ovvio che sono persone differenti. La loro omonimia non deve meravigliare: sono nomi comunissimi tra gli ebrei.

   Nelle Scritture Greche i “fratelli del Signore” sono sempre distinti dai dodici apostoli; essi sono un gruppo a parte. Dopo le nozze di Cana, Yeshùa “scese a Capernaum egli con sua madre, con i suoi fratelli e i suoi discepoli” (Gv 2:12). “Tutti questi [agli undici apostoli rimasti fedeli: “Pietro e Giovanni, Giacomo e Andrea, Filippo e Tommaso, Bartolomeo e Matteo, Giacomo d’Alfeo e Simone lo Zelota, e Giuda di Giacomo” – v. 13] perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù e con i fratelli di lui” (At 1:14). Che il gruppo dei quattro fratelli di Yeshùa sia nella Bibbia un gruppo separato dai Dodici è ancor più naturale se si considera che i quattro, durante la vita del loro fratello Yeshùa, non credevano in lui (Gv 7:5) e quindi non potevano essere tra i dodici apostoli.

   Il passo di Gal 1:19 va quindi interpretato in modo diverso da quello preferito da molti cattolici. Non va perciò tradotto: “Né vidi nessun altro apostolo, all’infuori di Giacomo, il fratello del Signore” (Gar). La preposizione greca εἰ μὴ (èi me) può avere nella Bibbia due sensi:

  1. “Eccetto”, “all’infuori di”, “ad accezione di”.

È questo il senso di èi me in 1Cor 8:4: “Non c’è nessun altro Dio, eccetto [greco εἰ μὴ (èi me)]  uno solo” (Dia).

  1. “Se non”, “ma solo”.

In questo senso si trova in Gal 1:7: “Ma non è un’altra [buona notizia o vangelo]; ma solo [greco εἰ μὴ (èi me)]  ci sono certuni che vi causano difficoltà” (Dia).

   Siccome da tutti i passi biblici considerati appare che Giacomo, fratello di Yeshùa, non era affatto un apostolo dei dodici, ne consegue che anche in Gal dobbiamo preferire alla traduzione di “eccetto” quella di “ma solo/se non”. È con questo senso che va tradotto Gal 1:19: “E non vidi nessun altro degli apostoli; ma solo [greco εἰ μὴ (èi me)]  Giacomo, il fratello del Signore”; “Non vidi nessun altro, se non [greco εἰ μὴ (èi me)]  Giacomo, il fratello del Signore” (CEI).

   Dato che la Bibbia esclude l’identificazione dei “fratelli del Signore” con  persone appartenenti al gruppo dei Dodici, occorre cercare altre soluzioni per la loro identificazione.

   Terza ipotesi. I “fratelli del Signore” non sono identificabili con altre persone menzionate nelle Scritture Greche. Essi sono proprio i fratelli veri di Yeshùa, e non suoi cugini. L’evangelista Giovanni è cugino di Yeshùa.

   Riesaminando l’elenco delle donne che assisterono Yeshùa durante la sua agonia, troviamo che la Bibbia riferisce – oltre a Miryàm, madre di Yeshùa – di un gruppo ben distinto di tre donne:

  1. Maria Maddalena (Mt, Mr, Gv),
  2. Maria moglie di Cleopa e madre di Giacono e Iose (Mt, Mr, Gv),
  3. Una terza; innominata presso Gv, Salome presso Mr, madre degli zebedei presso Mt, sorella della madre di Yeshùa presso Gv.

   Riunendo insieme i singoli dati riguardanti questa terza donna, sappiamo che ella era la Salome, madre di Giovanni e Giacomo (gli zebedei) e sorella (con un nome quindi diverso!) di Miryàm madre di Yeshùa. Ne deriva quindi che Giovanni e Giacomo erano cugini primi di Yeshùa.

   Accettando questa interpretazione naturale dei passi biblici comprendiamo come Giovanni potesse essere il prediletto (Gv 13:23;20:2). Egli era infatti, con Giacomo, l’unico dei parenti che fosse alla sequela di Yeshùa. Si comprende anche come fosse naturale per Yeshùa affidare sua madre a lui: oltre ad essere l’unico discepolo lì presente acanto a Miryàm, era per di più nipote di lei; era il più adatto a cui affidare la cura di Miryàm, essendo gli altri figli di lei ancora non credenti.

   Anche questo fatto dimostra che i “fratelli del Signore” erano fratelli veri di Yeshùa: nonostante Giovanni (il prediletto di Yeshùa) e Giacomo (che offuscò a volte perfino la figura di Pietro) fossero cugini di Yeshùa e godettero di grande considerazione presso la comunità primitiva, essi mai sono chiamati “fratelli del Signore”.