“Dopo la morte di Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe, in Egitto, e gli disse: ‘Àlzati, prendi il bambino e sua madre, e va’ nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che cercavano di uccidere il bambino’” (Mt 2:19,20). Si noti il plurale (“sono morti”) riferito ad Erode, che ricalca quanto detto a Mosè in Madian: “Va’, torna in Egitto, perché tutti quelli che cercavano di toglierti la vita sono morti” (Es 4:19), riferito al faraone.

   Dato che il governo della Giudea era passato in mano ad Archelao che assomigliava per crudeltà al padre Erode (tanto che nel 6 E. V. fu esiliato in Gallia – cfr. Giuseppe Flavio, Antichità Giudaiche, 17,9,1-3; Guerra Giudaica, 2,1,2,3), Giuseppe credette bene di non tornare a Betlemme ma di rifugiarsi a Nazaret che era sotto il governatorato di Antipa (tetrarca sensuale ma più benevolo). “Udito che in Giudea regnava Archelao al posto di Erode, suo padre, ebbe paura di andare là; e, avvertito in sogno, si ritirò nella regione della Galilea, e venne ad abitare in una città detta Nazaret” (Mt 2:22,23). Nazaret era un villaggio sconosciuto. Matteo fa notare l’adempimento di una profezia: “Affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti, che egli sarebbe stato chiamato Nazareno [qui Ναζωραῖος (nazoràios), “nazoraio”]” (v. 23). La parola “nazareno” ricorre in due forme: 1. Nazareno (Ναζαρηνός, nazarenòs); 2. Nazoraio (Ναζωραῖος, nazoràios). La seconda forma servì a designare sia Yeshùa che i suoi discepoli nell’ambiente giudaico; questo epìteto non passò al gentilesimo (popolazioni pagane), dove si impose l’epìteto di “cristiano” (At 11:26). Le desinenze –eno e –aio sono in greco tra loro intercambiabili (come in esseno/essaio per designare gli esseni). Meno facilmente spiegabile è la mutazione a > o (nazareno > nazoraio). I due vocaboli sono così ripartiti nelle Scritture Greche:

 

Nazareno (Ναζαρηνός, nazarenòs)*

Mr 1:24

“Che c’è fra noi e te, Gesù Nazareno?”

Mr 10:47

“Udito che chi passava era Gesù il Nazareno”

Mr 14:67

“Anche tu eri con Gesù Nazareno”

Mr 16:6

“Voi cercate Gesù il Nazareno”

Lc 4:34

“Che c’è fra noi e te, Gesù Nazareno?”

Lc 24:19

“Il fatto di Gesù Nazareno”

* Si tratta di sei volte riferite solo a Yeshùa.

 

 

Nazoraio (Ναζωραῖος, nazoràios)*

Mt 2:23

“Egli sarebbe stato chiamato Nazoraio”.

Mt 26:69

“Anche tu eri con Gesù il” **

Mt 26:71

“Anche costui era con Gesù Nazoraio”.

Lc 18:37

“Gli fecero sapere che passava Gesù il Nazoraio”.

Gv 18:5

“Gesù il Nazoraio!”.

Gv 18:7

“Essi dissero: ‘Gesù il Nazoraio’”.

Gv 19:9

“GESÙ IL NAZORAIO, IL RE DEI GIUDEI”.

At 2:22

“Gesù il Nazoraio, uomo che Dio ha accreditato”

At 3:6

“Nel nome di Gesù Cristo, il Nazoraio”

At 4:10

“E’ stato fatto nel nome di Gesù Cristo, il Nazoraio”

At 6:14

“Abbiamo udito affermare che quel Nazoraio”

At 22:8

“Io sono Gesù il Nazoraio”

At 24:5

“E’ capo della setta dei Nazorai”

At 26:9

“Contro il nome di Gesù il Nazoraio”.

(Versione corretta in armonia con il testo greco, in cui compare “nazoraio”).

* Si tratta di 13 (o 14) volte riferite tutte a Yeshùa, eccetto At 24:5.

** “Galileo” secondo molti codici; “nazoraio” secondo alcuni codici.

 

   Esaminato questo aspetto, la domanda è: Ma dove si trovano le profezie che preannunciano Yeshùa come “nazoraio”? Mt 2:23 dice: “Venne ad abitare in una città detta Nazaret, affinché si adempisse quello che era stato detto dai profeti, che egli sarebbe stato chiamato Nazoraio [greco Ναζωραῖος (nazoràios)]”. – Dal testo greco.

   Una prima etimologia fa derivare il vocabolo greco nazoràios (nazoraio) da quello ebraico נֵצֶר (nètser) che significa “germoglio”. Così lo troviamo in Is 11:1 dove il messia è chiamato, appunto, “germoglio”: “Un germoglio [ebraico נֵצֶר (nètser)] spunterà dal tronco di Iesse, un virgulto germoglierà dalle sue radici” (CEI). Anche in nome “Nazaret”, dove Yeshùa è cresciuto, significa probabilmente “fiore/germoglio”. Non solo il Is, ma anche in altri passi biblici il messia è paragonato ad un germoglio: “Ecco, verranno giorni – dice il Signore – nei quali susciterò a Davide un germoglio giusto, che regnerà da vero re e sarà saggio ed eserciterà il diritto e la giustizia sulla terra” (Ger 23:5, CEI); “Ecco, io manderò il mio servo Germoglio” (Zc 3:8, CEI); “Ecco un uomo che si chiama Germoglio: spunterà da sé e ricostruirà il tempio del Signore” (Zc 6:12). In questo senso si poteva dire che il nome “nazoraio” richiamava varie profezie. Il passaggio dal suono ebraico ts (pronunciato come la z di zaino) di nètser (נֵצֶר) al suono greco z si spiega bene. Esso è un fenomeno comune della versione greca della Bibbia (LXX). Ad esempio, in Gdc 1:7 il nome “Adoni-Bezec” (TNM) dall’ebraico אֲדֹנִי־בֶזֶק (Adonì-Bètseq) viene trasposto nel greco della LXX come Αδωνιβεζεκ (Adonibezek). Fin qui questa ipotesi etimologica regge. Per questa ipotesi propendono anche i Testimoni di Geova. In una nota in calce a Mt 3:23 la TNM osserva: “Gr. Nazoràios; probabilmente dall’ebr. nètser, che significa ‘germoglio’, e quindi figurativamente ‘progenie’. Vedi Isa 11:1 e relativa nt., ‘germoglio’.” E alla nota a cui si rimanda, dice: “’E . . . un germoglio’: ebr. wenètser. Vedi ntt. a Mt 2:23”. Ma … c’è un ma. Il cambio dalla vocale a di “nazareno” alla vocale o di “nazoraio” non si spiega.

   Una seconda ipotesi collega “nazareno/nazoraio” a “nazireo” (ebraico נָזִיר, nasìr) vale a dire consacrato a Dio, “scelto”, “dedicato”, “separato”. Era prescritto che il “nazireo” “sarà santo” (Nm 6:5) ovvero “separato” (significato di “santo”). E dato che in Is 4:3 si profetizza che “avverrà che i sopravvissuti di Sion e i superstiti di Gerusalemme saranno chiamati santi”, Yeshùa sarebbe il “nazareno/nazoraio” perché fa parte degli scampati alla strage degli innocenti (“i sopravvissuti”). Ipotesi davvero difficile e contorta. Non la si può accettare per tre motivi. Primo, non spiega – come la prima ipotesi – il cambio di vocale. Secondo, non spiega la connessione con la città di Nazaret. Terzo, complica ancora di più la cosa perché non spiega il passaggio dal greco ναζιρ (nazir; trasposizione in greco dell’ebraico נָזִיר, nasìr, “nazireo”) a “nazareno” e “nazoraio”; qui abbiamo addirittura tre vocali diverse: la i di nazir, la a di nazarenòs e la o di nazoràios.

   Una terza ipotesi ricollega il nome alla città di Nazaret, sottolineando il fatto che tale borgata era un’illustre sconosciuta che per di più godeva di cattiva fama tra la gente (“Può forse venir qualcosa di buono da Nazaret?” – Gv 1:46),  notiamo che si è voluto trovarvi un richiamo alle antiche profezie dei carmi del “servo di Yhvh” in cui si parlava del disprezzo e dell’umiliazione del messia. L’umiliazione di Yeshùa avrebbe allora avuto inizio proprio a Nazaret. Ipotesi interessante che può avere aspetti veritieri, ma anche qui non si spiega il cambio da “nazareno” a “nazoraio”. Per di più, il richiamo profetico appare molto incerto.

   Che dire? Il problema non pare del tutto risolto.

   La vita del bimbo Yeshùa. Il figlio di Miryàm trascorse la sua infanzia a Nazaret. Luca ce ne fa un laconico accenno dicendo che “il bambino cresceva e si fortificava; era pieno di sapienza e la grazia di Dio era su di lui” (2:40), aggiungendo poi che, dopo i dodici anni, “cresceva in sapienza, in statura e in grazia davanti a Dio e agli uomini” (2:52). “In statura” è nel greco ἡλικίᾳ (elikìa) e significa sia “età” che “statura”; è preferibile tradurre “in statura”, dato che “in età” creerebbe una tautologia; strana la traduzione di TNM: “crescita fisica”, che è tautologica e generica; il testo dice che Yeshùa diventava alto. “In grazia” è nel greco χάριτι (chàriti), che può indicare anche “in bellezza”.

   Negli apocrifi (di cui non bisogna tener conto) ci si sbizzarrisce a colmare il silenzio dei Vangeli. Si tratta di pure leggende. Ci possiamo invece immaginare la vita di Yeshùa in mezzo al lavoro, succedendo come primogenito al lavoro di falegname-carpentiere del padre adottivo. Giustino, vissuto più di un secolo dopo, assicura di aver sentito parlare in Palestina di aratri, usciti nella bottega di Giuseppe, che sarebbero stati fabbricati dallo stesso Yeshùa. – J. Klausner, Jésus de Nazareth, Son temp, sa vie, sa doctrine, tradotto dall’ebraico, Paris, 1933, pag. 343.

   La formazione culturale di Yeshùa avvenne (come per tutti i bambini ebrei) insieme a quella che il mondo occidentale chiamerebbe “religiosa”. In verità, era un tutt’uno. Nel vocabolario ebraico antico non esisteva neppure una parola che significasse “religione”. Gli occidentali distinguono tra vita civile e sfera religiosa, così si dice che una certa persona professa una certa religione. Per gli ebrei era un discorso assurdo: tutta la loro vita era “religione”. Ogni gesto della loro vita, ogni ora scandita della giornata, perfino quello che mangiavano era determinato dalla fede nel Dio di Israele. Era nella sinagoga che si formavano i ragazzi di allora. Il metodo mediorientale d’insegnamento – praticato allora dal חזן (Khasàn) che, oltre ad intonare i cori nella sinagoga, s’interessava della educazione dei bambini – consisteva nel ripetere a memoria frasi e versetti della Scrittura fino a poterli ricordare perfettamente. Il verbo “ripetere” (שנה, shanà) indicava di conseguenza anche “imparare” e “insegnare”.

   La giornata dell’ebreo era tutta imbevuta di “religiosità” (va ripetuto che questa espressione è occidentale: la vita dell’ebreo era tutta una pratica della Legge di Dio). Per ogni atto vi erano benedizioni da ripetere: quando si svegliava, nell’indossare un abito, nell’allacciarsi i sandali, nel lavarsi le mani, nel mangiare, nel bere. Vi erano benedizioni per il riposo notturno e perfino per le funzioni corporali: “Benedetto sii tu, Signore, che hai modellato l’uomo con saggezza e hai creato uscite e sfoghi”.

   A Nazaret Yeshùa crebbe in conoscenza, facendo progressi come ogni bambino ebreo. È fuori luogo qui la tesi teologica secondo cui Yeshùa ebbe una conoscenza infusa e già pronta, che non poteva progredire perché già completa. Yeshùa cresceva come tutti gli esseri umani. Questo aspetto rende Yeshùa molto più vicino a noi che non tutte le speculazioni teologiche.

   Yeshùa visse con la sua famiglia e dovette gioire per la nascita di altri fratelli e sorelle, di cui conosciamo quattro nomi: Giacobbe, Giuseppe, Giuda e Simone. – Mt 13:55.