Donne che andavano a marito (ἐγαμίζοντο, egamìzonto, “si maritavano)

“Si andava a marito”. – Lc 17:27.

   Questa espressione è pronunciata da Yeshùa parlando della fine dei tempi: “Come avvenne ai giorni di Noè, così pure avverrà ai giorni del Figlio dell’uomo. Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie, si andava a marito, fino al giorno che Noè entrò nell’arca, e venne il diluvio che li fece perire tutti” (Lc 17:16,27). Che male mai poteva esserci nell’andare a marito o nel mangiare e bere? Ovviamente nessuno. Il male stava nell’essere così presi unicamente da queste cose della vita quotidiana da trascurare il messaggio di Dio, facendo finta di niente.

   “La gente non si accorse di nulla, finché venne il diluvio che portò via tutti quanti, così avverrà alla venuta del Figlio dell’uomo” (Mt 24:39). Perciò: “Sia dunque che mangiate, sia che beviate, sia che facciate qualche altra cosa, fate tutto alla gloria di Dio”. – 1Cor 10:31.

Donne che devono ascoltare la parola del Signore (נָשִׁים, nashìm, “donne”)

Donne, ascoltate la parola del Signore”. – Ger 9:20.

   Questo invito fa parte di un canto funebre. Il profeta Geremia notifica la perversità della popolazione giudaica e annuncia  la sicura distruzione di Gerusalemme, facendo presente che neppure la presenza del Tempio salverà la nazione che è stata infedele; i giudei andranno in esilio a Babilonia (Ger 2:1–3:13;3:19–16:13;17:1–19:15;24:1–25:38;29:1-32;34:1-22). Il canto funebre era una nenia cantata spesso dalle donne. Ecco perché viene detto alle donne giudee di seguire il consiglio di Dio: “Insegnate alle vostre figlie dei lamenti, ognuna insegni alla sua compagna dei canti funebri!”. – Ger 9:20.

Donne che fanno lamento e cordoglio (γυναῖκες, günàikes, “donne”)

“Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che facevano cordoglio e lamento per lui”. – Lc 23:27.

   Un folto numero di donne seguiva Yeshùa sin dall’inizio del suo ministero (Mt 27:55). Queste donne stanno qui seguendo Yeshùa mentre si avvia alla morte su una croce. “Gesù, voltatosi verso di loro, disse: ‘Figlie di Gerusalemme, non piangete per me, ma piangete per voi stesse e per i vostri figli. Perché, ecco, i giorni vengono nei quali si dirà: Beate le sterili, i grembi che non hanno partorito e le mammelle che non hanno allattato. Allora cominceranno a dire ai monti: Cadeteci addosso; e ai colli: Copriteci”. – Lc 23:28-30.

Donne che guardano da lontano (γυναῖκες, günàikes, “donne”)

“C’erano là molte donne che guardavano da lontano; esse avevano seguito Gesù dalla Galilea per assisterlo”. – Mt 27:55.

    Queste donne avevano accompagnato Yeshùa dalla Galilea e gli erano rimaste fedelmente vicine fino alla sua morte. Di alcune sappiamo i nomi, menzionati al verso successivo, il 56.

Donne che impastano farina (הַנָּשִׁים לָשֹׁות בָּצֵק, hanashìm lashòt batsèq, “le donne impastano pasta)

Le donne impastano la farina per fare delle focacce alla regina del cielo e per fare libazioni ad altri dèi, per offendermi”. – Ger 7:18.

   Queste donne sono colte nell’atto di preparare delle focacce da offrire alla “regina del cielo”; i loro “figli raccolgono legna” e “i padri accendono il fuoco” (Ibidem). Per ciò che riguarda questo culto pagano si veda alla voce Regina del cielo.

Donne che macinano insieme (δύο ἀλήθουσαι, dǜo alèthusai, “due macinanti”)

Due donne macineranno assieme; l’una sarà presa e l’altra lasciata”. – Lc 17:35.

   Era d’uso mandare le donne o le schiave al mulino per farlo girare manualmente in due. Yeshùa prende questa scena di quotidianità per illustrare come il Regno di Dio verrà all’improvviso. “Come avvenne ai giorni di Noè, così pure avverrà ai giorni del Figlio dell’uomo. Si mangiava, si beveva, si prendeva moglie, si andava a marito, fino al giorno che Noè entrò nell’arca, e venne il diluvio che li fece perire tutti” (Ibidem, vv. 26,27). Mentre la vita prosegue nella sua quotidianità, improvvisamente tornerà Yeshùa. Si avrà allora la divisione delle persone: una sarà presa, l’altra lasciata.

Donne che prestano servizio all’ingresso della tenda di convegno (הַצֹּבְאֹת אֲשֶׁר צָבְאו, hatsovòt ashèr tsàvu, “le turnanti che turnavano”)

“Poi fece la conca di bronzo e la sua base di bronzo, servendosi degli specchi delle donne che venivano a gruppi a fare il servizio all’ingresso della tenda di convegno”. – Es 38:8.

   “Eli era molto vecchio e udì tutto quello che i suoi figli facevano a tutto Israele e come si univano alle donne che erano di servizio all’ingresso della tenda di convegno”. – 1Sam 2:22.

   Spesso il ruolo delle donne nella spiritualità d’Israele viene trascurato, ma la Bibbia ci dà immagini di donne nel loro servizio al Signore. Per ciò che concerne il servizio a Dio, solitamente si pensa al sacerdozio levitico, rimarcando che le donne erano escluse. Tuttavia, nessuno pensa che dal sacerdozio non solo erano escluse le donne, ma la stragrande maggioranza degli uomini! Comunque, da Yeshùa le donne non hanno ereditato il sacerdozio levitico. Il messia apparteneva alla tribù di Giuda, e nessun discepolo di Yeshùa può ereditare un ruolo levitico dal giudeo Yeshùa. Se si smette di limitare la comune percezione del ministero, si nota che delle donne hanno servito Dio in molti modi. Un gruppo di donne serviva davanti alla porta della Tenda del Convegno (Es 39:32,40;40:2,6,7,22,24,26,29,30,32,34,35), detta Tabernacolo, dal latino tabernaculum, diminutivo di taberna che significa  “dimora”. Nessuno sa esattamente quello che queste donne facessero, ma la Bibbia rende chiaro che il servizio presso l’ingresso del Tabernacolo era un ministero.

   Il primo riferimento risale alla tenda di convegno di Mosè (Es 33:7). Fino all’erezione del Tabernacolo, la tenda personale di Mosè funse da santuario temporaneo. Accadeva infatti che “la colonna di nuvola” raffigurante la presenza di Dio “si fermava all’ingresso della tenda” (Es 33:9). Veniva chiamata “tenda di convegno” perché il popolo doveva recarsi lì per interpellare Dio. Era un incontro vero e proprio con la presenza di Dio. – Es 33:7-11.

   Ora, lo si noti, “la colonna di nuvola scendeva, si fermava all’ingresso della tenda, e il Signore parlava con Mosè” (Es 33:9). E dove facevano servizio le “donne che venivano a gruppi a fare il servizio”? Il loro servizio sacro lo facevano proprio “all’ingresso della tenda di convegno”. – Es 38:8.

   • עַמּוּד הֶעָנָן וְעָמַד פֶּתַח הָאֹהֶל  (amùd heanàn veamàd pètakh haohèl), “colonna di nube e stava ingresso la tenda”. – Es 33:9.

   • הַצֹּבְאֹת אֲשֶׁר צָבְאוּ פֶּתַח אֹהֶל (hatsovòt ashèr tsàvu pètakh ohèl), “le turnanti che turnavano ingresso tenda”. – Es 38:8.

   Non c’è dubbio che la presenza di Dio nella nuvola fosse proprio lì dove le donne espletavano il loro servizio sacro.

   “Poi fece la conca di bronzo e la sua base di bronzo, servendosi degli specchi delle donne che venivano a gruppi a fare il servizio all’ingresso della tenda di convegno” (Es 38:8). Possiamo notare in questo passo non solo il servizio sacro delle donne, ma anche il loro dono fatto a Dio. Costruendo “la conca di bronzo” (Es 30:17-21) furono utilizzati gli specchi donati da quelle donne. Oggi gli specchi sono oggetti comunissimi e si danno per scontati: chi non ha uno specchio? Ogni donna ne ha più d’uno e certamente ne ha sempre uno nella borsetta. Eppure, a quell’epoca, uno specchio di bronzo non era solo un lusso, ma un segno della ricchezza di una donna. Gli specchi furono considerati grandi tesori. Queste donne non solo diedero qualcosa di prezioso, ma di personale.

   “Eli era molto vecchio e udì tutto quello che i suoi figli facevano a tutto Israele e come si univano alle donne che erano di servizio all’ingresso della tenda di convegno”. – 1Sam 2:22.

   La Bibbia non ci dà una grande quantità di informazioni su queste donne. Comunque, delle due l’una: o queste donne consapevolmente accettarono di avere relazioni con i figli di Eli (il sommo sacerdote) oppure i figli di Eli approfittarono delle loro posizioni per abusare di queste donne. Che sia vera questa seconda ipotesi lo si deduce dalla reazione di Eli verso i figli: “Perché fate queste cose? Poiché odo tutto il popolo parlare delle vostre azioni malvagie. Non fate così, figli miei”. – 1Sam 2:23,24.

   Oggi si sentono numerose storie di sacerdoti, ministri, predicatori e pastori che approfittano delle loro posizioni e del loro potere per ottenere favori sessuali. Per lo più le loro vittime sono donne attive nella loro chiesa o congregazione. Le assistenti, le collaboratrici e le compagne d’opera sono per loro accessibili. I confini imposti dall’etica sociale tendono a venir meno quando si ha a che fare con un ministro di culto; si dà loro confidenza e fiducia, permettendo delle intimità perché queste persone si presentano come rappresentanti di Dio e guide spirituali. Non si deve però dimenticare che sono solo esseri umani, fallibili come tutti. La chiesa non fu mai concepita per essere una struttura militare, sulla base di gerarchie e di catene di comando. Piuttosto, fu concepita per essere una famiglia, la famiglia della fede. Occorre stare attenti a non elevare i ministri al di sopra della cerchia familiare o attribuire loro chissà quale particolare aureola di santità. I ministri, da parte loro, devono guardarsi dal malinteso senso del diritto che ebbero i figli di Eli. Devono anche rendersi conto che essere chiamati al ministero non concede loro più potere, autorità o privilegi rispetto a qualsiasi altro credente. Piuttosto, devono sempre tenere bene a mente il comando di Paolo rivolto ad un ministro, Timoteo, ovvero quello di trattare “le donne anziane, come madri; le giovani, come sorelle, in tutta purezza. – 1Tm 5:2.

   Se poi quella nefasta situazione dovesse verificarsi, la chiesa o congregazione non deve rispondere con un atteggiamento protettivo, ma onestamente. La Bibbia dice di ‘non mischiarsi con chi, chiamandosi fratello, sia un fornicatore’ (1Cor 5:11). La confessione auricolare inventata dai cattolici pare fatta apposta per tener nascosti i peccati gravi, permettendo nel contempo di cancellarli all’istante per poterli poi ripetere. Nella primitiva congregazione dei discepoli di Yeshùa, trasgressori di questi tipo venivano espulsi dalla comunità: “Non giudicate voi quelli di dentro? Quelli di fuori li giudicherà Dio. Togliete il malvagio di mezzo a voi stessi.”. – 1Cor 5:12,13.

   Solo agendo secondo i dettami biblici si possono guarire i danni ed evitare errori futuri.

Donne che si recano al sepolcro di Yeshùa (γυναῖκες, günàikes, “donne”)

“Non vi spaventate! Voi cercate Gesù il Nazareno che è stato crocifisso; egli è risuscitato; non è qui”. – Mr 16:6.

   “Il primo giorno della settimana, la mattina prestissimo, esse si recarono al sepolcro, portando gli aromi che avevano preparati. E trovarono che la pietra era stata rotolata dal sepolcro. Ma quando entrarono non trovarono il corpo del Signore Gesù. Mentre se ne stavano perplesse di questo fatto, ecco che apparvero davanti a loro due uomini in vesti risplendenti; tutte impaurite, chinarono il viso a terra; ma quelli dissero loro: ‘Perché cercate il vivente tra i morti? Egli non è qui, ma è risuscitato; ricordate come egli vi parlò quand’era ancora in Galilea, dicendo che il Figlio dell’uomo doveva essere dato nelle mani di uomini peccatori ed essere crocifisso, e il terzo giorno risuscitare’. Esse si ricordarono delle sue parole. Tornate dal sepolcro, annunciarono tutte queste cose agli undici e a tutti gli altri. Quelle che dissero queste cose agli apostoli erano: Maria Maddalena, Giovanna, Maria, madre di Giacomo, e le altre donne che erano con loro. Quelle parole sembrarono loro un vaneggiare e non prestarono fede alle donne”. – Lc 24:1-11.

   Questo passo è talmente conosciuto che non ci si sofferma più a riflettere su ciò che implica. Qui si ha che l’avvenimento più importante di tutta la storia umana, la morte e la resurrezione di Yeshùa, è affidato alla testimonianza delle donne. Furono proprio le donne, quelle che “avevano seguito Gesù dalla Galilea” (Mt 27:55) ovvero sin dall’inizio del suo ministero, quelle che erano con lui quando “se ne andava per città e villaggi, predicando” (Lc 8:1,2), quelle “donne che guardavano da lontano” (Ibidem) mentre Yeshùa veniva messo sul palo di morte, furono proprio loro ad essere testimoni dell’avvenuta resurrezione di Yeshùa il consacrato.

   Questo è un fatto molto notevole. Yeshùa resuscitato non apparve agli apostoli, non apparve a Pietro, non apparve neppure a Giovanni, “il discepolo che egli amava” (Gv 19:26). Yeshùa apparve alle donne, prima delle quali fu Maria Maddalena che “se ne stava fuori vicino al sepolcro a piangere”. – Gv 20:11.

   La Legge, in Lv 5:1, recita: “Una persona pecca se, udite le parole di giuramento, quale testimone non dichiara ciò che ha visto o ciò che sa. Porterà la propria colpa”. E il Mishnàh dei rabbini commentava: “‘Testimonianza giurata’ vale per gli uomini, ma non per le donne” (Mishnàh, Shebuoth 4:1). “In alcuni casi la donna era messa quasi sullo stesso piano di uno schiavo. Per esempio, non poteva testimoniare in tribunale, salvo che per attestare la morte del marito” (Palestine in the Time of Christ). Yeshùa, non tenendo in alcun conto la tradizione rabbinica e gli usi e costumi ebraici del suo tempo, scelse di avere delle donne come testimoni.

   E gli apostoli? “Quelle parole sembrarono loro un vaneggiare e non prestarono fede alle donne” ( Lc 24:11), anzi, per dirla con il testo greco originale, “sembrarono loro come λῆρος [lèros]”, “una sciocchezza”. In seguito, due discepoli sulla via per Emmaus, diranno: “Certe donne tra di noi ci hanno fatto stupire; andate la mattina di buon’ora al sepolcro, non hanno trovato il suo corpo, e sono ritornate dicendo di aver avuto anche una visione di angeli, i quali dicono che egli è vivo”. – Lc 24:22,23.

   Eppure, proprio alle donne fu detto: “Andate presto a dire ai suoi discepoli: ‘Egli è risuscitato dai morti’”. – Mt 28:7.

Donne che si rifugiano su una torre (נָשִׁים, nashìm, “donne”)

“In mezzo alla città vi era una forte torre, dove si rifugiarono tutti gli abitanti della città, uomini e donne; vi si rinchiusero dentro e salirono sul tetto della torre. Abimelec, giunto alla torre, l’attaccò e si accostò alla porta per appiccarvi il fuoco”. – Gdc 9:51,52.

   Le donne appaiono in luoghi inaspettati in alcune delle storie della Bibbia. Chi si aspetterebbe di trovare delle donne a difendere la loro città da un invasore più forte di loro, su delle mura? Eppure, nel libro di Gdc si trova una di queste storie.
Abimelec, figlio della concubina di Gedeone (Gdc 8:30,31), aveva conquistato la città di Tebes. Dopo aver preso la città, ora rimaneva solo una piccola resistenza concentrata in una delle torri cittadine.

   “Ma una donna gettò giù un pezzo di macina sulla testa di Abimelec e gli spezzò il cranio”. – Gdc 9:53.

   Le torri, nelle città antiche, fornivano una difesa dall’alto. Da una torre non solo, in caso d’attacco, si potevano gettare degli oggetti contro gli invasori, ma i difensori potevano fiaccare l’efficacia degli attacchi invasori. Così, Abimelec pensò di ricorrere al fuoco per incendiare la torre. Ciò però rese più combattivi i difensori ormai spacciati, tanto che scagliarono di tutto giù dalle mura. Una donna scagliò un oggetto che si rivelò mortale per Abimelec.

   Si veda anche Donna che getta giù un pezzo di macina, in elenco.

Donne da tutte le città d’Israele (הַנָּשִׁים, hanashìm, “le donne”)

“All’arrivo dell’esercito, quando Davide ritornava dopo aver ucciso il Filisteo, le donne uscirono da tutte le città d’Israele incontro al re Saul, cantando e danzando al suono dei timpani e dei triangoli e alzando grida di gioia; le donne, danzando, si rispondevano a vicenda”. –1Sam 18:6,7.

   Le donne d’Israele uscirono a lodare Davide e Saul. Purtroppo, dato che il più lodato fu Davide, Saul divenne geloso di lui.

Donne danzanti (נָשִׁים, nashìm, “donne”)

“Maria, la profetessa, sorella d’Aaronne, prese in mano il timpano e tutte le donne uscirono dietro a lei, con timpani e danze”. – Es 15:20.

   Queste donne si unirono a Miryàm nel celebrare la liberazione dall’Egitto. Musica e danza sono belle espressioni della libertà che Yeshùa ci reca.

   E pensare che esiste perfino una religione cosiddetta cristiana che vieta l’uso di strumenti musicali nel culto: si tratta delle Chiese di Dio Non Strumentali, dette Chiese di Cristo a cappella dalle consorelle Chiese di Cristo Strumentali (che gli strumenti musicali nel culto li ammettono). Miryàm usò uno strumento musicale per lodare Dio.

Donne dell’Ecclesiaste (שִׁדָּה וְשִׁדֹּות, shidàh veshidòt; significato: ?)

“Accumulai argento, oro, e le ricchezze dei re e delle province; mi procurai dei cantanti e delle cantanti e ciò che fa la delizia dei figli degli uomini, cioè donne in gran numero”. – Ec 2:8.

   Nel testo originale ebraico l’Ecclesiaste dice: “Mi procurai . . . שִׁדָּה וְשִׁדֹּות [shidàh veshidòt]”. TNM si dà all’eufemismo e traduce “una signora, sì, delle signore”, aggiungendo un vezzoso “sì” che nel testo biblico manca. Il termine occidentale “signora”, va detto, non ha nulla a che fare con quello ebraico che indica una “padrona”. Comunque, l’espressione שִׁדָּה וְשִׁדֹּות (shidàh veshidòt) non è di facile traduzione: questa espressione e questi stessi vocaboli, infatti, si trovano solo qui in tutta la Bibbia.

   Il significato della costruzioneשִׁדּוֹת  (shidòt), superlativo diשִׁדָּה  (shidàh), è incerta perché il termine שִׁדָּה  (shidàh) si trova solo qui in tutta la Scrittura. Ci sono quattro approcci di base per questa frase:

  1. Molti studiosi suggeriscono che si riferisca ad un harem reale. Le varianti, in questa ipotesi, sono quattro: (a) un possibile collegamento con la sht ugaritica, “padrona/signora”, e con il sitt arabo, “signora” (HALOT 1420); (b) Studiosi tedeschi (Delitzsch, Konig, Wildeboer, Siegfried) si riferiscono al sadadu assiro; (c) Ibn Ezra si riferisce al verbo ebraico שַׁד (shad), “saccheggiare/rovinare”, e suggerisce che faccia riferimento alle donne del gineceo reale; (d) BDB lo collega al sostantivo ebraico שַׁד (shad), “seno” (cfr. Is 28:9; Ez 16:7;23:3,21,34; Os 2:4:9:14; Cant 1:13;4:5;7:4,8,9;8:1,8,10; Gb 3:12), aggiungendo che שׁדה  (shdh) è legata all’affine araba e alla radice aramaica che significa “petto” (BDB 994 sv). Si tratterebbe qui di una sineddoche, cioè una parte (il seno) per l’insieme (la donna), simile all’espressione “un ventre, due uteri” (רַחֲמָתַיִם רַחַם, rakhàm rakhamàym) di Gdc 5:30, in cui “un ventre” significa una donna. Questo è l’approccio adottato dalla maggior parte delle versioni in lingua inglese: “molte concubine” (TILC, RSV, NRSV), “una moglie e le mogli” (YLT), “una valanga di amanti” (MLB), “più di una amante” (Moffat), “un harem” (NIV). Questo approccio è suggerito dall’ebraico nel testo di Gdc 5:30 preso come base.
  2. NJPS collega alשִׁדָּה  (shidàh) della Mishnàh il sostantivo ebraico che divenne שִׁידָּה (shydàh), “cassa/torace” (Jastrow 1558) e rende la frase “casse e casse di loro”.  
  3. ASV prende la frase in riferimento ai cantanti maschili e femminili e traduce come “strumenti musicali”. Tuttavia, non è noto il termine ebraico che giustifichi tale approccio.
  4. La LXX, facendo leva sul termine שׁדא (shd) aramaico (“versare [vino]”), rese la frase come οἰνοχόον καὶ οἰνοχόας (oinochòon kài oinochòas), “maggiordomo [maschio] e coppiere [femmine]”. Aquila prese un approccio simile: κυλίκιον καὶ κυλίκια (külìkion kai külìkia), “coppe di vino e navi di vino”. Ciò si riflesse anche sulla Vulgata latina (e su Douay): “Tazze e vasi per servire e versare vino”. Sebbene il significato semantico del termine שִׁדָּה וְשִׁדּוֹת (shidàh veshidòt), “un seno di petto”, sia incerto, la grammatica e la forma sintattica della frase è molto semplice: (a) è in armonia alla linea precedente ovvero “ciò che fa la delizia degli uomini” ; (b) la frase è una costruzione al superlativo, perché quando la seconda  parola – simile alla prima parola singolare – è al plurale, indica il meglio o il più eccellente delle persone o cosa descritte; così è per “il santo dei santi” ovvero il luogo più sacro (Es 26:33), per “il cantico dei cantici” ovvero il cantico più eccellente (Cant 1:1), per “il Signore dei signori” ovvero il Signore supremo (Dt 10:17); se il significato semantico di שִׁדָּה וְשִׁדּוֹת (shidàh veshidòt) denota “il seno dei seni”, la costruzione supersativa può connotare “il seno più bello” (metonimia di una parte per il tutto) significando “la donna più bella”; ciò potrebbe riferirsi ad un harem di concubine o a una donna (la moglie dell’Ecclesiaste?) indicando che era la più bella donna del paese.

   La lingua di Ec non è l’ebraico classico. Nel libro si rinvengono molti aramaicismi e costruzioni peculiari fenicie, perfino diversi vocaboli persiani.

   Alla fin fine, che cosa significa שִׁדָּה וְשִׁדּוֹת (shidàh veshidòt)? Non abbiamo la pretesa di saperlo con certezza, di certo non più degli studiosi che abbiamo citato sopra. A noi sembra si tratti di donne. Ci limitiamo, comunque, a proporre le diverse traduzioni: “Donne in gran numero” (NR); “[Non traduce e salta l’espressione]” (CEI); “Musica semplice, e musica di concerto” (Did); “Strumenti musicali di ogni genere” (ND); “Delle donne in gran numero” (Luzzi); “Una signora, sì, delle signore” (TNM); “Scyphos et urceos in ministerio ad vina fundenda [= coppe e boccali allo scopo di mescere i vini]”. – Vulgata.

Donne di Iabes in Galaad (נְּשֵׁי יָבֵשׁ גִּלְעָד, neshè yavèsh ghileàd, “donne di Iabes di Galaad”)

Nel capitolo 21 di Gdc gli israeliti si trovano di fronte a un grave dilemma. Dopo lo stupro di gruppo e l’omicidio della concubina di un levita (si veda al riguardo Concubina di un levita), i beniaminiti avevano rifiutato con ostinazione di consegnare i colpevoli. Ciò aveva provocato la guerra civile con le altre tribù d’Israele. Ci fu il quasi totale sterminio della tribù di Beniamino. – Gdc 19-21.

   Ciò avrebbe significato l’estinzione di una delle tribù d’Israele. Per evitare tale disastro si stava cercando un’alternativa.

   “Gli uomini d’Israele avevano giurato a Mispa, dicendo: ‘Nessuno di noi darà sua figlia in moglie a un Beniaminita. Il popolo venne a Betel, dove rimase fino alla sera in presenza di Dio; alzando la voce, pianse dirottamente e disse: ‘Signore, Dio d’Israele, perché mai è avvenuto questo in Israele? Perché oggi c’è in Israele una tribù di meno?’”. – Gdc 21:1-3.

   Dio non aveva consigliato loro di fare un tale giuramento: era stata una loro decisione presa sull’onda del risentimento. Purtroppo, tante volte si prendono decisioni sconsiderate per poi, subendone le conseguenze, rivolgersi a Dio e domandare: “Perché proprio a me?”

   “Il giorno seguente, il popolo si alzò di buon mattino, costruì là un altare, e offrì olocausti e sacrifici di riconoscenza. I figli d’Israele dissero: ‘Chi è, fra tutte le tribù d’Israele, che non sia salito all’assemblea davanti al Signore?’ Poiché avevano fatto questo giuramento solenne contro chiunque non fosse salito in presenza del Signore a Mispa: ‘Quel tale dovrà essere messo a morte’. I figli d’Israele ebbero pietà di Beniamino, loro fratello, e dissero: ‘Oggi è stata soppressa una tribù d’Israele. Come faremo a procurare delle donne ai superstiti, visto che abbiamo giurato nel nome del Signore di non dar loro in moglie nessuna delle nostre figlie?’ Dissero dunque: ‘Qual è fra le tribù d’Israele quella che non è salita in presenza del Signore a Mispa?’ Ecco che nessuno di Iabes in Galaad era venuto all’accampamento, all’assemblea; poiché, fatto il censimento del popolo, si trovò che là non vi era nessuno degli abitanti di Iabes in Galaad. Allora la comunità mandò là dodicimila uomini fra i più valorosi, e diede loro quest’ordine: ‘Andate, e passate a fil di spada gli abitanti di Iabes in Galaad, con le donne e i bambini. Farete questo: voterete allo sterminio ogni maschio e ogni donna che ha avuto relazioni carnali con un uomo.’ Quelli trovarono, fra gli abitanti di Iabes in Galaad, quattrocento fanciulle che non avevano avuto relazioni carnali con uomini e le condussero all’accampamento, a Silo, che è nel paese di Canaan. Tutta la comunità inviò dei messaggeri per parlare ai figli di Beniamino che erano al masso di Rimmon per annunciare loro la pace. Allora i Beniaminiti tornarono e furono loro date le donne di Iabes in Galaad a cui era stata risparmiata la vita; ma non ve ne fu abbastanza per tutti”. – Gdc 21:4-14.

   L’assassinio della concubina aveva portato ad un crescendo nel massacro della popolazione di Iabes di Galaad, poi ci fu la costrizione imposta alle ragazze ancora giovani. La “compassione” degli israeliti verso i beniaminiti si trasformò in crudeltà verso le persone di Iabes di Galaad. Eppure, nonostante questa indegna prevaricazione a spese della dignità femminile, “non ve ne fu abbastanza per tutti”: le donne non bastavano, erano ancora poche.

   La storia continua con le donne di Silo (si veda più avanti la voce Donne di Silo) e termina al versetto 25 di Gdc 21: “In quel tempo, non c’era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio”.

Donne di Madian (נְשֵׁי, neshè, “donne”)

“I figli d’Israele presero prigioniere le donne di Madian”. – Nm 31:9.

  Una delle ossessioni del popolo ebraico fu quella del culto di dèi stranieri. Ciò fu facilitato dai matrimoni che gli ebrei fecero con persone non ebree. In merito, Dio era stato categorico: “Guardati dal fare alleanza con gli abitanti del paese nel quale stai per andare, perché non diventino, in mezzo a te, una trappola; ma demolite i loro altari, frantumate le loro colonne, abbattete i loro idoli; tu non adorerai altro dio, perché il Signore, che si chiama il Geloso, è un Dio geloso. Guardati dal fare alleanza con gli abitanti del paese, altrimenti, quando quelli si prostituiranno ai loro dèi e offriranno sacrifici ai loro dèi, potrà avvenire che essi t’invitino e tu mangi dei loro sacrifici, prenda delle loro figlie per i tuoi figli, e le loro figlie si prostituiscano ai loro dèi e inducano i tuoi figli a prostituirsi ai loro dèi”. – Es 34:12-16.

   L’atteggiamento disubbidiente alle disposizioni divine spiega l’episodio qui narrato. Gli ebrei stavano per essere introdotti nella Terra Promessa. Mosè aveva pregato Dio così: ‘Ti prego, Signore, se ho trovato grazia agli occhi tuoi, venga il Signore in mezzo a noi, perché questo è un popolo dal collo duro; perdona la nostra iniquità, il nostro peccato e prendici come tua eredità” (Es 34:9). E Dio aveva risposto: “Ecco, io faccio un patto: farò davanti a tutto il tuo popolo meraviglie, quali non sono mai state fatte su tutta la terra né in alcuna nazione; tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché tremendo è quello che io sto per fare per mezzo di te. Osserva quello che oggi ti comando: Ecco, io scaccerò davanti a te gli Amorei, i Cananei, gli Ittiti, i Ferezei, gli Ivvei e i Gebusei” (Es 34:10,11). Aveva poi aggiunto le sue raccomandazioni, quelle in Es 34:12-16.

   In Nm 31 è riportata la vittoria degli ebrei sui madianiti. “I figli d’Israele presero prigioniere le donne di Madian” (Nm 31:9). “Mosè si adirò contro i comandanti dell’esercito, capi di migliaia e capi di centinaia, che tornavano da quella spedizione di guerra. Mosè disse loro: ‘Avete lasciato la vita a tutte le donne? Ecco, sono esse che, per suggerimento di Balaam, trascinarono i figli d’Israele all’infedeltà verso il Signore, nel fatto di Peor, per cui il flagello scoppiò nella comunità del Signore. Ora dunque uccidete ogni maschio tra i bambini, e uccidete ogni donna che ha avuto rapporti sessuali con un uomo; ma tutte le fanciulle che non hanno avuto rapporti sessuali con uomini, lasciatele in vita per voi”. – Nm 31:14-18; si veda anche la voce Madianite .

Donne di Silo (בְנֹות־שִׁילֹו, venòt shilò, “figlie di Silo”)

   Gli eventi che erano iniziati con lo stupro e l’omicidio della concubina di un levita (si veda al riguardo Concubina di un levita) ebbero un incremento di crudeltà con l’assassinio di migliaia di uomini e donne della tribù di Beniamino, con l’assassinio di migliaia di persone a Iabes di Galaad e con la cattura a Iabes di giovani ragazze di Galaad (si veda al riguardo Donne di Iabes in Galaad). Questi tragici eventi proseguono nell’ultima sezione del capitolo 21 di Gdc 21.

   “Il popolo dunque ebbe pietà di Beniamino, perché il Signore aveva aperto una breccia fra le tribù d’Israele. Gli anziani della comunità dissero: ‘Come faremo a procurare delle donne ai superstiti, visto che le donne beniaminite sono state distrutte?’ Poi dissero: ‘Quelli che sono scampati rimangano in possesso di ciò che apparteneva a Beniamino, affinché non sia soppressa una tribù in Israele. Ma noi non possiamo dar loro le nostre figlie in moglie’. Poiché i figli d’Israele avevano giurato, dicendo: ‘Maledetto chi darà una moglie a Beniamino!’ Allora dissero: ‘Ecco, ogni anno si fa una festa in onore del Signore a Silo, che è a nord di Betel, a oriente della strada che sale da Betel a Sichem e a mezzogiorno di Lebna’. Diedero quest’ordine ai figli di Beniamino: ‘Andate e fate un’imboscata nelle vigne; state attenti, e quando le figlie di Silo usciranno per danzare in gruppo, sbucherete dalle vigne; ciascuno rapirà una delle figlie di Silo per prenderla in moglie e ve ne andrete nel paese di Beniamino. Quando i loro padri o i loro fratelli verranno a lamentarsi con noi, noi diremo loro: Datecele, per favore, poiché in questa guerra non abbiamo preso una donna per uno. Inoltre non siete voi che gliele avete date; in quel caso, voi sareste colpevoli’. I figli di Beniamino fecero a quel modo: si presero delle mogli, secondo il loro numero, fra le danzatrici; le rapirono, poi partirono e tornarono nella loro eredità, ricostruirono le città e vi stabilirono la loro dimora. In quel medesimo tempo, i figli d’Israele se ne andarono di là e tornarono ciascuno nella sua tribù e nella sua famiglia, ciascuno nel luogo della sua eredità. In quel tempo, non c’era re in Israele; ognuno faceva quello che gli pareva meglio”. – Gdc 21:15-25.

   Ancora una volta, per opportunità furono sacrificate delle donne. Alcuni benpensanti hanno osato supporre che le ragazze di Silo si fossero messe in mostra quando non avrebbero dovuto e che pertanto meritarono la loro sorte. Il testo biblico respinge decisamente questa incredibile conclusione. Quegli israeliti che nel vendicare lo stupro e l’assassinio della concubina di un levita (si veda al riguardo Concubina di un levita) andarono ben oltre e causarono un massacro, sono definiti da una pubblicazione religiosa “valorosi guerrieri israeliti” che “intrapresero un’azione punitiva contro gli abitanti di Iabes-Galaad che non si erano schierati al loro fianco nel combattere contro i beniaminiti” e che “ricevettero inoltre l’ordine di procurarsi altre mogli fra le figlie di Silo, e di portarle via con la forza mentre partecipavano alle danze in cerchio che facevano parte della festa annuale tenuta a Silo”. – Perspicacia nello studio delle Scritture Vol. 2, pag. 979.

   Gli israeliti sapevano che le ragazze stavano andando a ballare: il loro ballo faceva parte della celebrazione, e quella celebrazione era sacra. Un altro tentativo di negare l’impatto di questa storia è quello di suggerisce che queste ragazze sapessero in realtà che gli uomini beniaminiti le stavano aspettando e, quindi, in realtà volessero essere rapite. In questa interpretazione il rapimento sarebbe stato solo un rapimento rituale, non un vero e proprio ratto. Questi miseri tentativi sono solo delle assurdità. La Bibbia dice chiaramente che il piano ideato prevedeva un vero e proprio sequestro: “Sbucherete dalle vigne; ciascuno rapirà una delle figlie di Silo”. E poi, se i padri non sapevano, certamente le figlie non sapevano. Si ripete tristemente, presso certi commentatori, la solita storia: quando un uomo bestiale violenta una ragazza, la colpa sarebbe della ragazza che lo avrebbe provocato.

Donne fatte prigioniere a Siclag (נָשִׁים, nashìm, “donne”)

“Tre giorni dopo, quando Davide e la sua gente furono giunti a Siclag, ecco che gli Amalechiti avevano fatto una scorreria verso la regione meridionale e verso Siclag; avevano preso Siclag e l’avevano incendiata; avevano fatto prigionieri le donne e tutti quelli che vi si trovavano, piccoli e grandi; non avevano ucciso nessuno, ma avevano portato via tutti e se n’erano tornati da dove erano venuti. Quando Davide e la sua gente giunsero alla città, essa era distrutta dal fuoco e le loro mogli, i loro figli e le loro figlie erano stati condotti via prigionieri”. – 1Sam 30:1-3.

   Questa scorribanda con conseguente sequestro di persone si verificò durante il periodo della monarchia. Questo breve riferimento ci fornisce un piccolo spaccato di ciò che accadeva in quel tempo e dei pericoli molto reali che la gente correva.

   L’odio degli amalechiti verso Israele aveva una lunga storia. Già dopo l’Esodo del popolo ebraico dall’Egitto, gli amalechiti furono i primi ad attaccare gli israeliti, tra l’altro senza esserne provocati. Dio ne decretò di conseguenza l’annientamento (Es 17:8-16; Nm 24:20; Dt 25:17-19). Gli amalechiti respinsero poi gli ebrei quando questi stavano per entrare nella Terra Promessa (Nm 14:41-45). Nel periodo dei Giudici gli amalechiti assalirono nuovamente Israele (Gdc 3:12,13;6:1-3,33;7:12;10:12). Nel seguente periodo, quello della monarchia, Dio comandò al re Saul di abbatterli perché persistevano nel loro odio per Israele; Saul li abbatté ma risparmiò un loro re, abbattuto poi da Samuele (1Sam 15:2-33). Anche Davide aveva attaccato i villaggi amalechiti. Questi, a loro volta, attaccarono Siclag e presero le sue mogli insieme ai suoi beni. Davide, allora, con 400 uomini li attaccò e ricuperò persone e cose. – 1Sam 27:8;30:1-20.

   Dopo l’incursione amalechita e il rapimento delle donne, “Davide fu grandemente angosciato: la gente parlava di lapidarlo, perché tutti erano amareggiati a motivo dei loro figli e delle loro figlie; ma Davide si fortificò nel Signore, nel suo Dio”. – 1Sam 30:6.

   Quella era una società patriarcale. Eppure, anche all’interno di quella società le donne erano valutate. L’amore individuale dell’israelita per sua moglie equilibrava per quanto poteva lo squilibrio sociale tra uomini e donne. Questi israeliti, fedeli al punto che avevano seguito il loro eroe Davide in esilio (fuggiva, infatti, da Saul che lo voleva morto), erano pronti a raccogliere delle pietre per lapidarlo per quello che era successo.

   Nel mondo attuale s’interagisce ormai con persone provenienti da molte culture e società diverse dalla nostra. Dobbiamo stare attenti però a non confondere le norme culturali di altre società con gli atteggiamenti reali che gli uomini hanno nei confronti delle donne in quelle società. Coloro che per cultura ritengono la donna inferiore all’uomo, possono tuttavia (a volte) stimare e rispettare individualmente la propria moglie nella loro vita privata.

   Davide va davanti al Signore (1Sam 30:7,8), poi in battaglia. “Davide ricuperò tutto quello che gli Amalechiti avevano portato via e liberò anche le sue due mogli. Non vi mancò nessuno, né piccoli né grandi, né figli né figlie, e nulla del bottino, nulla che gli Amalechiti avessero preso. Davide ricondusse via tutto”. – 1Sam 30:18,19.

Donne in preghiera (γυναῖκές, günaikès, “donne”; questa parola, proprio come in ebraico, greca indica una donna di qualsiasi età – vergine, sposata o vedova – oppure una moglie: è il contesto che le dà il senso)

“Tutti questi perseveravano concordi nella preghiera, con le donne, e con Maria, madre di Gesù, e con i fratelli di lui”. – At 1:14.

   Il testo greco non dice “le donne”, come nella traduzione, ma semplicemente “donne”, per cui va meglio qui TNM: “alcune donne”; per essere precisi, la traduzione dovrebbe essere “con delle donne”. Il fatto che il greco, lingua molto precisa, taccia l’articolo determinativo, indica che le donne di cui si parla non erano donne ben identificabili. Erano tuttavia donne che, per il fatto stesso di essere perseveranti e concordi nella preghiera insieme agli apostoli, avevano seguito Yeshùa; probabilmente sono le stesse “donne [anche qui senza articolo determinativo] che lo avevano accompagnato dalla Galilea” e che “stavano a guardare queste cose [la crocifissione di Yeshùa] da lontano”. – Lc 23:49

Donne ittite (בְּנֹות חֵת, benòt Khèt, “figlie di Chet”)

“Rebecca disse a Isacco: ‘Sono disgustata a causa di queste donne ittite’”. – Gn 27:46.

   L’espressione ebraica “figlie di Het”, tradotta “ittite”, fa riferimento alle donne del popolo disceso da Chet, secondo figlio di Canaan (Gn 10:15); popolazione di origine camitica. – Gn 10:6.

   Quali discendenti di Canaan, gli ittiti (e quindi le ittite) erano sotto una maledizione: quella di Noè su Canaan in Gn 9:25-27. La religione ittita era pagana e fallica, come tutte le religioni cananee.

   Nel passo di Gn 27:46 Rebecca, moglie di Isacco, si lamenta con il marito perché il loro figlio Esaù (nipote di Abraamo) aveva sposato delle ittite ed “esse furono causa di profonda amarezza per Isacco e per Rebecca” (Gn 26:34,35;27:46). Ora, preoccupata che anche l’altro loro figlio, Giacobbe, possa sposare un’ittita, dice: “Se Giacobbe prende in moglie, tra le Ittite, tra le abitanti del paese, una come quelle, che mi giova la vita?” – Gn 27:46.

Donne riunite (γυναῖκες, günàikes, “donne”)

“Il sabato andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera; e sedutici parlavamo alle donne là riunite”. – At 16:13.

   In questo passaggio biblico non si dice che le donne si fossero riunite per la preghiera. Si legga attentamente il testo. Luca, lo scrittore di At, sta dicendo che lui, con Paolo e il suo seguito, stavano andando ad un luogo di preghiera, essendo sabato (cfr. Es 20:8). Ma, lo si noti, Luca dice: “Andammo fuori dalla porta, lungo il fiume, dove pensavamo vi fosse un luogo di preghiera”. Si trovarono invece di fronte un gruppo di donne. Si veda al riguardo la voce Lidia.

Donne straniere (נָשִׁים נָכְרִיֹּות, nashìm nochriyòt, “donne straniere”)

“Hanno preso le loro figlie come mogli per sé e per i propri figli e hanno mescolato la stirpe santa con i popoli di questi paesi; i capi e i magistrati sono stati i primi a commettere questa infedeltà”. – Esd 9:2.

   Qui si parla degli israeliti che si mischiarono tramite matrimoni con le altre nazioni durante il loro esilio, nonostante l’ingiunzione di Dio di non mescolarsi con i popoli stranieri. Qui si tratta di donne cananee, ittite, ferezee, gebusee, ammonite, moabite, egiziane e amorree (Esd 9:1). Gli israeliti erano circondati da popoli pagani, persone che adoravano altri dèi. Il fare alleanze con quelle persone conduceva gli israeliti lontano da Dio. – Cfr. Dt 7:3; Gs 23:12,13.

   Esdra ancora una volta deve emettere un decreto che rafforzi il divieto di matrimoni misti: “Ora dunque non date le vostre figlie ai loro figli, e non prendete le loro figlie per i vostri figli, e non ricercate la loro prosperità né il loro benessere, e così diventerete voi forti” (Esd 9:12). Tuttavia, questo tema della purezza attraverso il matrimonio è bilanciato nella Bibbia con la piena accettazione di donne straniere come Rut, Tamar, Raab e altre. Diverse donne di spicco della Bibbia non erano israelite, ma avevano sposato uomini israeliti.

     “Secania, figlio di Ieiel, uno dei figli di Elam, disse a Esdra: ‘Noi siamo stati infedeli al nostro Dio, sposando donne straniere prese dai popoli di questo paese. Tuttavia, rimane ancora, a questo riguardo, una speranza a Israele. Facciamo un patto con il nostro Dio e impegniamoci a rimandare tutte queste donne e i figli nati da loro, come consigliano il mio signore e quelli che tremano davanti ai comandamenti del nostro Dio: si faccia quello che vuole la legge” (Esd 10:2,3). “Il sacerdote Esdra si alzò e disse loro: ‘Voi avete commesso un’infedeltà, sposando donne straniere, e avete reso Israele ancora più colpevole. Ma ora confessate la vostra colpa al Signore, Dio dei vostri padri, e fate la sua volontà! Separatevi dai popoli di questo paese e dalle donne straniere!’ Allora tutta l’assemblea rispose e disse ad alta voce: ‘Sì, dobbiamo fare come tu hai detto! Ma il popolo è molto numeroso, piove molto e non possiamo stare allo scoperto; e questa non è faccenda di un giorno o due, poiché siamo stati in molti a commettere questo peccato. Rimangano dunque qui i capi di tutta l’assemblea; e tutti quelli che, nelle nostre città, hanno sposato donne straniere vengano nei tempi stabiliti, con gli anziani e con i giudici di ogni città, finché non sia allontanata da noi l’ardente ira del nostro Dio, per questa infedeltà” (Esd 10:10-14). “Il primo giorno del primo mese avevano finito di occuparsi di quanti avevano sposato donne straniere”. – Esd 10:17.

   “Tra i figli dei sacerdoti, che avevano sposato donne straniere, si trovarono dei figli di Iesua, figlio di Iosadac, e tra i suoi fratelli: Maaseia, Eliezer, Iarib e Ghedalia” (Esd 10:18). “Tutti questi avevano preso delle mogli straniere; e ce n’erano di quelli che da queste mogli avevano avuto dei figli”. – Esd 10:44.

   “Il re Salomone, oltre alla figlia del faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Ittite”. – 1Re 11:1.

Donne trascinate in prigione (γυναῖκες, günàikes, “donne”)

“Saulo intanto devastava la chiesa, entrando di casa in casa; e, trascinando via uomini e donne, li metteva in prigione”. – At 8:3.

   I primi credenti furono posti di fronte a numerose sfide. In Israele, furono spesso visti con sospetto, se non come eretici che meritavano punizione da parte dei giudei loro connazionali. Nelle regioni del paganesimo erano pure guardati con sospetto. Uomini e donne furono imprigionati, torturati e uccisi per la loro fede in Yeshùa. Allo stesso tempo, come mostra questa storia, diverse persone che prima li perseguitavano divennero poi credenti. Saulo/Paolo fu tra questi.

   Ancora oggi Dio continua a chiamare “quelli che sono suoi” (2Tm 2:19) anche tra i persecutori. Non si sa mai come le nostre azioni possano influenzare le decisioni di un’altra persona. Per questo occorre continuare a pregare per coloro che ci perseguitano e che perseguitano i nostri fratelli e le nostre sorelle nel Signore: “Pregate per quelli che vi perseguitano”. – Mt 5:44.