Iael (יָעֵל, Yaèl, “capra montana”)

Questa donna è introdotta da una profezia fatta da Debora: “Debora disse: ‘Certamente, verrò con te; però, la via per cui cammini non ti porterà onori; perché il Signore darà Sisera in mano a una donna” (Gdc 4:9). Apprendiamo qui che Dio intende utilizzare una donna per sconfiggere il nemico di Israele. Barac, il grande generale ebreo, non otterrà la gloria per proprio merito: Dio ha deciso di impiegare una donna senza poteri per sconfiggere uno dei potenti.

   “Sisera fuggì a piedi verso la tenda di Iael, moglie di Eber, il Cheneo . . . Iael uscì incontro a Sisera e gli disse: ‘Entra, mio signore, entra da me; non temere’. Egli entrò da lei nella sua tenda e lei lo coprì con una coperta. Egli le disse: ‘Ti prego, dammi un po’ d’acqua da bere perché ho sete’. Quella, aperto l’otre del latte, gli diede da bere e lo coprì. Egli le disse: ‘Stattene all’ingresso della tenda; forse qualcuno verrà a interrogarti e ti chiederà: C’è qualcuno qui dentro? Tu risponderai di no’. Allora Iael, moglie di Eber, prese un piuolo della tenda e un martello, andò pian piano da lui e gli piantò il piuolo nella tempia tanto che esso penetrò in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; e morì. Mentre Barac inseguiva Sisera, Iael uscì a incontrarlo e gli disse: ‘Vieni, e ti mostrerò l’uomo che cerchi’. Egli entrò da lei; ecco, Sisera era steso morto, con il piuolo nella tempia. Quel giorno Dio umiliò Iabin, re di Canaan, davanti ai figli d’Israele. La mano dei figli d’Israele si fece sempre più pesante su Iabin, re di Canaan, finché l’ebbero annientato”. – Gdc 4:17-24.

   Iael dimostra di essere una donna forte e determinata. Troppo spesso viene sostenuto che la forza e la determinazione siano caratteristiche maschili. I religiosi forse sosterranno che queste qualità, se una donna le ha, dovrebbero essere esercitate solo sotto la direttiva del marito. Ma Iael prese l’iniziativa senza il consenso del marito.

   Sisera si sentiva al sicuro con Iael che lo aveva accolto e lo cullava con la sua femminilità. Iael però mette in campo anche astuzie tutte femminili. Lei gli dà del latte da bere (anziché l’acqua che lui aveva chiesto), come una madre col suo bambino. Lei lo copre con un tappeto, come se rimboccasse la coperta al figlio. Eppure, questa figura così materna si rivela patriotticamente una donna che elimina  il nemico. Lei uccide Sisera.

   “Ai giorni di Iael, le strade erano abbandonate, e i viandanti seguivano sentieri tortuosi. I capi mancavano in Israele; mancavano” (Gdc 5:6,7). “Benedetta sia fra le donne Iael, moglie di Eber, il Cheneo! Fra le donne che stanno sotto le tende, sia benedetta! Egli chiese dell’acqua e lei gli diede del latte; in una coppa d’onore gli offerse della crema. Con una mano prese il piuolo; e con la destra, il martello degli operai; colpì Sisera, gli spaccò la testa, gli fracassò e gli trapassò le tempie. Ai piedi di Iael egli si piegò, cadde, giacque disteso; ai suoi piedi si piegò e cadde; là, dove si piegò, cadde esanime”. – Gdc 5:24-27.

   Un’altra donna, Debora, dice che si deve lodare Iael, chiamandola benedetta. La Bibbia non loda la sua “sottomissione” ad un uomo (tanto cara ai religiosi maschilisti), ma le sue azioni cruente. Oggi sembra che coloro che guidano le comunità religiose vivano nella paura che le donne che prendono iniziative non servano più il Signore  in modo “tradizionale”. A volte perfino le stesse donne, purtroppo, credono che una donna che agisca in modo non tradizionale abbia abbandonato la sua femminilità. Iael assunse il ruolo tradizionalmente maschile di omicida nel suo servizio al Signore, ma lei continua ad essere per la Bibbia ciò che la Bibbia stessa dice di lei: “Benedetta sia fra le donne”.

Idumee (אֲדֹמִיֹּת, adomyòt, “edomite”)

 “Il re Salomone, oltre alla figlia del faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Ittite”. – 1Re 11:1.

   “Idumèa” era il nome greco del paese degli edomiti. Edom, in ebraico אֱדוֹם (edòm), significa “rosso” ed era un soprannome dato a Esaù (Gn 36:1) e, di conseguenza, alla nazione discesa da lui. L’etnonimo, in lingua assira, era Udumi; in greco Ἰδουμαία (Idumàia); in latino, la lingua de romani, Idumea. Il popolo edomita parlava una lingua semitica. Gli edomiti abitavano il deserto che si estende a sud di Israele. Le tribù edomite all’inizio erano comandate da sceicchi, poi si raccolsero in una monarchia non ereditaria. – Gn 36:15-19,31-43.

   “Non detesterai l’Idumeo, poiché egli è tuo fratello” (Dt 23:7), così Dio aveva imposto a Israele, ma non fu facile rispettare il comando: Edom si oppose continuamente a Israele. Per la loro spietata brutalità contro Israele, Dio li condannò. – Am 1:6,11,12;9:11,12; Gle 3:19.

   La fine di Edom iniziò a delinearsi verso la metà del 6° secolo prima della nostra èra sotto il re babilonese Nabonedo. Nel 4° secolo Edom era a questo punto abitata dai nabatei. La popolazione edomita fu costretta a ritirarsi nel Negheb, a sud del territorio Giuda; la parte meridionale di Giuda venne alla fine chiamata Idumea (Cfr. Giuseppe Flavio, Antichità giudaiche, XIII, 257, 258 [ix, 1]; XV, 253, 254 [vii, 9]). Nel periodo maccabaico (2° secolo prima della nostra èra) gli idumei subirono una grave sconfitta ad opera di Giuda Maccabeo. – 1 Maccabei 5:3.

   Dopo che Gerusalemme fu distrutta dai romani nel 70 E. V., le idumee cessarono di esistere insieme al loro popolo.

Iecolia (יְכִילְיָה, Yechiylyàh, “Yah può”)

“Uzzia aveva sedici anni quando cominciò a regnare, e regnò cinquantadue anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Iecolia, ed era di Gerusalemme”. – 2Cron 26:3; 2Re 15:1,2.

Iedida (יְדִידָה, Yedidàh, “amata”)

“Giosia aveva otto anni quando cominciò a regnare, e regnò trentun anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Iedida, figlia di Adaia, da Boscat”. – 2Re 22:1.

   Questa donna era moglie del re Amon (sovrano del Regno di Giuda e figlio del malvagio re Manasse – 2Re 21:19-26; 2Cron 33:20-25) e fu la madre del re Giosia. – 2Re 21:24-26.

Ieosabet (יְהֹושַׁבְעַת, Yehoshavàt, “Yah- abbondanza”)

“Quando Atalia, madre di Acazia, vide che suo figlio era morto, si mise a distruggere tutta la stirpe reale della casa di Giuda. Ma Ieosabet, figlia del re, prese Ioas, figlio di Acazia, lo tolse dai figli del re che erano messi a morte, e lo mise con la sua balia in una camera da letto. Così Ieosabet, figlia del re Ieoram, moglie del sacerdote Ieoiada (era sorella di Acazia), lo nascose alle ricerche d’Atalia, che non lo mise a morte. Ed egli rimase nascosto presso di loro nel tempio di Dio per sei anni; intanto, Atalia regnava sul paese”. – 2Cron 22:10-12.

   Ieosabet era figlia del re Ieoram ed era sposata con Ieoiada, il sommo sacerdote. Con le informazioni aggiuntive che la Bibbia ci dà possiamo dire che le sue azioni ebbero una connotazione politica.

   In 2Re 11:1-3 è chiamata anche Ioseba (יְהֹושֶׁבַע, Yehoshèva, “Yah ha giurato”). Dopo la morte del re Acazia, suo fratello o forse fratellastro, Ieosabet nascose il piccolo Ioas, figlio del re: voleva sottrarlo allo sterminio della discendenza reale ordinata da Atalia (si deda Atalia). Per sei anni, lei e il marito Ieoiada tennero nascosto Il bambino, loro nipote, nella loro abitazione. Alla fine Ieoiada lo fece uscire allo scoperto per farlo acclamare re. – 2Re 11:1-3; 2Cron 22:10-12.

   La discendenza reale che da Davide portò al messia fu quindi preservata da Ieosabet con l’aiuto di suo marito.

   In

Ieriot (יְרִיעֹות, Yeriyòt; da un verbo che significa “tremare”)

“Caleb, figlio di Chesron, ebbe dei figli da Azuba sua moglie, e da Ieriot”. – 1Cron 2:18.

   Il testo biblico non dice se Ieriot fosse moglie di Caleb, una sua concubina, una sua serva o semplicemente una donna con cui ebbe rapporti sessuali. Sappiamo solo che lei ebbe figlie da Caleb. È sbagliata la traduzione che NR fa di 1Cron 2:18b: “Questi sono i figli che ebbe da Azuba: Ieser, Sobab e Ardon”; la Bibbia non dice “da Azuba” ma “da lei” (בָנֶיהָ, vaneyàh, “figli di lei”). Ciò significa che i figli di Ieriot potevano essere stati attribuiti legalmente ad Azuba, conformemente alla legge ebraica.

Ierusa (יְרוּשָׁה, Yerushàh, “ha posseduto”)

“Iotam aveva venticinque anni quando cominciò a regnare, e regnò sedici anni a Gerusalemme. Sua madre si chiamava Ierusa, figlia di Sadoc”. – 2Cron 27:1; 2Re 15:32,33.

Iezabel (Ἰεζάβελ, Iezàbel, traslitterazione greca del nome ebraico אִיזֶבֶל, Iysevèl, “dov’è l’eccelso [re]?”)

“Ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel, quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione”. – Ap 2:20.

   “Iezabel” è evidentemente un nome di comodo, dato come soprannome sarcastico ad una donna della congregazione dei discepoli di Yeshùa di Tiàtira. Costei si definiva profetessa, insegnava una religione e istigava all’immoralità e all’idolatria. Come la vera Izebel (vedere Izebel), rifiutava ostinatamente di pentirsi, ragion per cui avrebbe ricevuto quello che si meritava. – Riv 2:18-23.

Ioaddan (יְהֹועַדָּן, Yehoadàn, “Yàh è piacere”)

“Sua madre si chiamava Ioaddan, ed era di Gerusalemme”. – 2Re 14:2.

   Questa donna era la madre del re Amazia, sovrano del Regno di Giuda (2Re 14:1,2). Nelle edizioni del Testo Masoretico il nome יְהֹועַדָּן (Yehoadàn) è scritto in corsivo (יְהֹועַדָּן) accanto al nome יְהֹועַדִּין (Yhoadìyn): ciò segnala dubbi sulla lezione, infatti una nota a margine del Testo Masoretico avvisa di leggere Yhoadìyn (יְהֹועַדִּין) come יְהֹועַדָּן (Yehoadàn), la lezione che si trova in 2Cron 25:1.

Iochebed (יֹוכֶבֶד, Yochevèd, “Yah-gloria”)

“Un uomo della casa di Levi andò e prese in moglie una figlia di Levi. Questa donna concepì, partorì un figlio e, vedendo quanto era bello, lo tenne nascosto tre mesi. Quando non poté più tenerlo nascosto, prese un canestro fatto di giunchi, lo spalmò di bitume e di pece, vi pose dentro il bambino, e lo mise nel canneto sulla riva del Fiume”. – Exodus 2:1-3: Es 2:1-3.

   Il nome di questa donna lo apprendiamo da Es 6:20: “Iochebed . . . ella gli partorì Aaronne e Mosè”. Mosè è il nome del bambino che lei aveva posto nel “canestro fatto di giunchi”. La Bibbia ci dice che lei e suo marito erano della tribù di Levi; quando poi sarà stata data la Legge, i loro figli avranno diritto a diventare sacerdoti in quanto leviti. – Nm 8:24; 1Cron 23:24.

   Il marito di Iochebed si chiamava Amram ed era nipote di lei, stando a Es 6:20: “Amram prese per moglie Iochebed sua zia”. Così si legge nel Testo Masoretico della Bibbia. La LXX greca ha però Ιωχαβεδ θυγατέρα τοῦ ἀδελφοῦ τοῦ πατρὸς (Iochabed thütèra tu adelfù tu patròs), “Iochebed figlia del fratello del padre”. La Vulgata latina, in armonia con la LXX, ha Amram uxorem Iocabed patruelem suam, “Amram [prese come] moglie Iochebed sua cugina paterna”. Rotherham, famoso traduttore biblico, annota: “Prob.[abilmente] solo un componente di sesso femminile della famiglia di suo padre”; ciò è perfettamente conforme al vocabolo latino usato da Girolamo nella sua Vulgata, dato che patruelis indica un discendente dello zio paterno. Lo studioso Clarke fa notare che “i migliori critici [testuali] ritengono che Iochebed fosse cugina di primo grado di Amram e non sua zia” (Commentary). Si noti poi che in Nm 26:59 l’espressione “il nome della moglie di Amram era Iochebed, figlia di Levi”, potrebbe anche indicare ‘nipote o discendente di Levi’; l’uso della parola “figlio” per indicare un nipote o discendente è attestato nella Bibbia (Es 1:7; 2Cron 35:14; Ger 35:16). Si noti anche che Nm 26:59 dice: “Il nome della moglie di Amram era Iochebed, figlia di Levi che nacque a Levi in Egitto”; ora, “a Levi” non va inteso, ad esempio, come nell’italiano ‘a Carla nacque una bimba’, ma va inteso nel senso che ella nacque nella tribù di Levi; infatti Levi era il terzo figlio di Giacobbe (Gn 35:22,23), Cheat era suo figlio (Gn 46:11) e Amram, marito di Iochebed, era figlio di Cheat (Es 6:18), ovvero Levi era bisnonno del marito di Iochebed, ragion per cui Levi non poteva davvero essere padre in senso vero di Iochebed.

   Comunque, se il Testo Masoretico ha ragione e sbagliano sia la LXX che la Vulgata, Amran era davvero nipote di Iochebed. Ciò non porrebbe alcun problema, perché la Legge non era ancora stata data e l’incesto era tollerato. Si rammenti che lo stesso Abraamo aveva sposato una sua sorellastra. – Gn 20:12.

   Che cosa si può fare quando tutto sembra essere contro? A volte occorre creatività e una buona dose di fiducia. È il caso di Iochebed, donna ebrea di fede. In Egitto il faraone aveva decretato che tutti i neonati maschi degli ebrei dovevano essere uccisi; egli temeva che gli israeliti potessero prendere la sua terra e lavarsi contro gli egiziani (Es 1:8,9,22). In questo clima infanticida, Iochebed concepì e partorì un figlio “e, vedendo quanto era bello”, prima lo nascose e poi lo affidò dentro un cestino alle acque calme di un canneto in riva al fiume (Es 2:2,3). Il martire Stefano dice che Mosè “era bello agli occhi di Dio” (At 7:20). Iochebed ebbe il coraggio che hanno le mamme e disobbedì alla legge del potente faraone per salvaguardare suo figlio.

   “La sorella del bambino [Mosè] se ne stava a una certa distanza, per vedere quello che gli sarebbe successo” (Es 2:4). “La figlia del faraone scese al Fiume per fare il bagno . . . vide il bambino: ed ecco, il piccino piangeva; ne ebbe compassione e disse: ‘Questo è uno dei figli degli Ebrei’. Allora la sorella del bambino disse alla figlia del faraone: ‘Devo andare a chiamarti una balia tra le donne ebree che allatti questo bambino?’ La figlia del faraone le rispose: ‘Va’’. E la fanciulla andò a chiamare la madre del bambino. La figlia del faraone le disse: ‘Porta con te questo bambino, allattalo e io ti darò un salario’. Quella donna prese il bambino e lo allattò. Quando il bambino fu cresciuto, lo portò dalla figlia del faraone; egli fu per lei come un figlio ed ella lo chiamò Mosè; ‘perché’, disse: ‘io l’ho tirato fuori [משה (moshè), “tratto”, dal verbo משה (mashàh), “trarre”] dalle acque’” (Es 2:5-10). Essendo il nome dato da una principessa egiziana, va detto che il nome deriva linguisticamente dalla radice egizia mosi (= “nascere”), radice che si trova anche in nomi come Tutmosis (figlio del dio Thot) e Ramses (figlio del dio Ra); la Bibbia ovviamente non lega il nome all’etimologia egiziana ma a quella ebraica.

   Eb 11:23 indica che Iochebed aveva fede: “Per fede Mosè, quando nacque, fu tenuto nascosto per tre mesi dai suoi genitori, perché videro che il bambino era bello, e non ebbero paura dell’editto del re”. Sebbene qui si parli di “genitori”, in Es è Iochebed la protagonista.

   Molte volte si sente dire nei gruppi religiosi che una moglie deve passare attraverso il marito prima di poter agire. Ma Iochebed agì per la sua fede senza chiedere il permesso di Amram. Lei dimostrò creatività nel salvare il suo bambino, qualità femminile con cui una donna sa trovare il possibile anche nell’impossibile. Iochebed ebbe fiducia che Dio avrebbe protetto il suo bambino su un fiume infestato da coccodrilli. Dio non ha una catena di comando per la creatività e la fede. Qual è stata per Iochebed la ricompensa per la sua creatività? Ironia della sorte, lei non solo si prese cura di suo figlio, ma fu ha pagata per farlo!

Ioseba: vedere Ieosabet

Isca (יִסְכָּה, Yschàh, “preveggente”)

“La moglie di Naor, Milca, che era figlia di Aran, padre di Milca e padre di Isca”. – Gn 11:29.

   Questa donna era figlia di Aran, fratello di Abraamo, ed era sorella di Lot; era quindi nipote di Abraamo. Era nata prima che suo zio Abraamo lasciasse Ur dei Caldei con tutta la famiglia. – Gn 11:27-31.

   Il nome Yschàh (יִסְכָּה) deriva dalla radice ebraica schh (סכה) che significa “vedere”; con l’aggiunta dello yòd (a lettera י, y) implica la previsione o chiaroveggenza. Da questo nome ebraico si ha la forma moderna del nome “Jessica”, scritto a volte “Jesica”; il più antico documento scritto in cui si trova questo nome con la sua grafia attuale è Il mercante di Venezia di Shakespeare, in cui compare come “Jesca”, forma usata nella Bibbia di lingua inglese al tempo di Shakespeare, la King James Version (le traduzioni successive impiegarono il nome “Iscah”). – P. Hanks & F. Hodges, A Dictionary of First Names, Oxford University Press,(1990). 1990.

Israelita: vedere Ebrea

Ittite (חִתִּיֹּת, khitiyòt, “ittite”)

“Il re Salomone, oltre alla figlia del faraone, amò molte donne straniere: delle Moabite, delle Ammonite, delle Idumee, delle Sidonie, delle Ittite, donne appartenenti ai popoli dei quali il Signore aveva detto ai figli d’Israele: ‘Non andate da loro e non vengano essi da voi, poiché essi certo pervertirebbero il vostro cuore per farvi seguire i loro dèi’. A tali donne si unì Salomone nei suoi amori”. – 1Re 11:1,2.

   Gli ittiti sono uno di quei casi clamorosi in cui si è dimostrato che “la Bibbia aveva ragione”, per citare il titolo del famoso libro di Werner Keller. Fino a circa un secolo fa degli ittiti non c’era traccia nei libri di storia; anzi, gli storici sostenevano che fosse un’invenzione biblica, visto che era solo la Bibbia a parlarne. Oggi gli ittiti sono presenti in tutti i libri di storia.

   Le donne ittite erano di origine camitica e facevano parte del popolo disceso da Chet, figlio di Canaan; erano quindi cananee. – Gn 10:6,15.

   La popolazione ittita si era già stanziata nella terra di Canaan prima che Abraamo vi giungesse; Dio stesso gli promise di dare quella terra alla sua discendenza (Gn 15:18-21). In attesa dell’adempimento (Gn 15:16; per la maledizione degli ittiti in quanto cananei si veda Gn 9:25-27), Abraamo rispettò i diritti di quella popolazione. – Gn 23:1-20.

   Notizie sulla dislocazione geografica degli ittiti al tempo dell’ingresso degli ebrei nella Terra Promessa le troviamo in Gs 1:4;11:3; Nm 13:29.

   Gli ittiti erano pagani di religione fallica, come tutte le altre popolazioni cananee. La loro disgustosa condotta contaminava la regione (Lv 18:25,27; cfr. vv. 1-30). Gli ittiti dovevano essere quindi sterminati per non sviare Israele (Dt 20:16-18), ma dopo la morte del condottiero Giosuè, gli israeliti non li annientarono. La minaccia rimase (Nm 33:55,56). Lo stesso re Salomone fu sviato dalle sue mogli straniere, tra cui alcune erano ittite. – 1Re 11:1-6.

   Gli ittiti persero la loro potenza quando la Siria, l’Assiria e la Babilonia li invasero. Dopo il rientro dei giudei dall’esilio, diversi di loro sposarono donne cananee, alcune delle quali ittite. Esdra li convinse a cacciare queste donne. – Esd 9:1,2;10:14,16-19,44.

Izebel (אִיזֶבֶל, Iysevèl, “dov’è l’eccelso [re]?”)

“Come se fosse stato per lui poca cosa abbandonarsi ai peccati di Geroboamo, figlio di Nebat, [Acab] prese in moglie Izebel, figlia di Etbaal, re dei Sidoni, andò ad adorare Baal, a prostrarsi davanti a lui, e innalzò un altare a Baal, nel tempio di Baal, che costruì a Samaria. Acab fece anche l’idolo d’Astarte. Acab fece più di quello che avevano fatto tutti i precedenti re d’Israele per provocare lo sdegno del Signore, Dio d’Israele. Al tempo di lui, Chiel, di Betel, ricostruì Gerico; ne gettò le fondamenta su Abiram, suo primogenito, e ne rizzò le porte su Segub, il più giovane dei suoi figli, secondo la parola che il Signore aveva pronunciata per bocca di Giosuè, figlio di Nun”. – 1Re 16:31-34.

   Izebel ha sempre avuto una pessima reputazione presso i lettori della Bibbia. Va detto che se la merita, ma occorre anche distribuire bene le responsabilità. Leggendo attentamente questo passo biblico occorre definire bene le cose. In primo luogo, lei era una donna straniera, figlia del re che regnava sugli abitanti di Sidone, in Libano. Non era quindi un’israelita e non conosceva il Dio di Israele; in una parola, era una pagana. Tuttavia, ciò era una sua responsabilità. Le religioni spesso insegnano che Izebel portò fuori strada Acab. Non è del tutto vero. Acab scelse da sé la propria strada sposando Izebel. Acab, lui, “andò ad adorare Baal, a prostrarsi”; la Bibbia non dice che vi fosse trascinato dalla moglie. E, se anche fosse, sarebbe stata una sua scelta. Fu Acab, non Izebel, che “innalzò un altare a Baal”. Di certo Izebel non era una “giusta” dal punto di vista biblico: era una pagana. Ma le colpe di Acab rimangono colpe di Acab. Se vogliamo dirlo con un paradosso, che pur rimane vero, Izebel fu coerente con la sua religione pagana, Acab rinnegò invece la sua fede ebraica. “Izebel sterminava i profeti del Signore” (1Re 18:4). Dopo la prova di forza sul monte Carmelo tra Elia, unico profeta del Dio d’Israele e 450 profeti del dio pagano Baal (1Re 18:22), in cui il Dio d’Israele mostrò d’essere l’unico vero Dio, “Elia li fece scendere [i profeti di Baal] al torrente Chison, e laggiù li sgozzò” (1Re 18:40). “Acab raccontò a Izebel tutto quello che Elia aveva fatto, e come aveva ucciso con la spada tutti i profeti. Allora Izebel mandò un messaggero a Elia per dirgli: ‘Gli dèi mi trattino con tutto il loro rigore, se domani a quest’ora non farò della vita tua quel che tu hai fatto della vita di ognuno di quelli’” (1Re 19:1,2). Invece di riconoscere la potenza di Dio, Izebel si arrabbiò. Scelse la vendetta anziché il pentimento.

   Nel capitolo 21 di 1Re, Acab vuole prendere la vigna di un tale Nabot, per farne un orto. Nabot fa presente ad Acab che ciò significherebbe rinunciare alla sua eredità ancestrale, e dice di no (vv. 1-3). A quel punto, Acab comincia a fare il broncio (v. 4). “Allora Izebel, sua moglie, andò da lui e gli disse: ‘Perché hai lo spirito così abbattuto, e non mangi?’” (v. 5). Saputane la ragione, Izebel sfodera tutto il suo piglio: “Sei tu, sì o no, che eserciti la sovranità sopra Israele? Àlzati, mangia, e sta’ di buon animo; la vigna di Nabot d’Izreel te la farò avere io” (v. 7). Izebel era una donna straniera, abituata a vivere in un sistema in cui il re otteneva sempre ciò che voleva. Possiamo immaginare il suo stupore quando suo marito, il re, s’imbroncia perché uno dei suoi sudditi gli diceva di no. In Israele il re doveva servire le persone con atti di giustizia e di misericordia; nella maggior parte dei sistemi monarchici pagani erano le persone a dover servire il re.

   Falsificando perfino i sigilli reali, l’influente Izebel fa accusare ingiustamente Nabot da due falsi testimoni (cfr. Dt 17:6) e lo fa giustiziare (vv. 8-14). Tutta questa storia assomiglia alla storia di Davide, che per aver voluto Betsabea, ne fece poi uccidere il marito Uria per coprire l’adulterio (2Sam 11:1-27). Il re Acab aveva terre in abbondanza, come Davide aveva mogli in abbondanza; Acab volle la vigna di un altro uomo, Davide volle la moglie di un altro uomo. La terra di Nabot era legittimamente sua e per lui la sua vigna era di valore, ma Acab voleva trasformarla in un semplice orto. Allo stesso modo, la moglie di Uria era legalmente la sua donna e per lui era speciale, essendo la sua unica moglie, ma Davide volle farne una delle sue tante donne. Sia Davide che Izebel ordiscono un intricato complotto per uccidere un uomo innocente. Tutti e due utilizzano altre persone per effettuare i loro piani malvagi. Poi prendono il tesoro della persona che hanno fatto assassinare. In entrambi i casi un profeta del Signore viene inviato a dichiarare il giudizio divino.   

   Nel caso di Izebel, “la parola del Signore fu rivolta a Elia, il Tisbita, in questi termini: ‘Àlzati, va’ incontro ad Acab, re d’Israele, che sta a Samaria; egli è nella vigna di Nabot, dov’è sceso per prenderne possesso. E gli parlerai in questo modo: Così dice il Signore: . . .  riguardo a Izebel il Signore parla e dice: I cani divoreranno Izebel sotto le mura d’Izreel’”. – 1Re 21:17-23.

   Morto Acab, gli succedette il figlio Acazia, poi il figlio Ieoram, ambedue avuti da Izebel; infine la dinastia di Acab ebbe termine (1Re 22:40,51-53; 2Re 1:17;3:1). Durante il regno dei figli, Izebel (in veste di regina madre) continuò a corrompere il paese con le sue immoralità e stregonerie. – 2Re 9:22.

   Quando Izebel aveva saputo che Ieu aveva ucciso suo figlio, il re Ieoram (2Re 9:24), fece in modo di incontralo e, salutandolo sarcasticamente, lo minacciò. “Ieu alzò gli occhi verso la finestra, e disse: ‘Chi è per me? chi?’ E due o tre funzionari, affacciatisi, volsero lo sguardo verso di lui. Egli disse: ‘Buttatela giù!’ Quelli la buttarono; e il suo sangue schizzò contro il muro e contro i cavalli. Ieu le passò sopra, calpestandola; poi entrò, mangiò e bevve, quindi disse: ‘Andate a vedere quella maledetta donna e sotterratela, poiché è figlia di un re’. Andarono dunque per sotterrarla, ma non trovarono di lei altro che il cranio, i piedi e le mani. E tornarono a riferir la cosa a Ieu, il quale disse: ‘Questa è la parola del Signore pronunciata per mezzo del suo servo Elia il Tisbita, quando disse: I cani divoreranno la carne di Izebel nel campo d’Izreel; e il cadavere di Izebel sarà, nel campo d’Izreel, come letame sulla superficie del suolo, in modo che non si potrà dire: Questa è Izebel’”. – 2Re 9:32-37.

   Izebel è nuovamente menzionata dalla Bibbia per dare un soprannome dispregiativo ad una certa donna nella comunità dei discepoli di Yeshùa di Tiàtira, cui è inviato un messaggio: “Ho questo contro di te: che tu tolleri Iezabel [forma greca del nome ebraico], quella donna che si dice profetessa e insegna e induce i miei servi a commettere fornicazione”. – Ap 2:20.