Nota: tutte le citazioni bibliche di questo studio – se non altrimenti specificate – sono tratte dalla versione TILC.
Per mettere mano alla nostra vita e trovare la serenità, da dove iniziare? Qual è il primo passo?
Occorre stare attenti a porre le domande nel modo corretto. Per avere la risposta giusta bisogna porre la domanda giusta. Domandarci quale debba essere il primo passo, è pregiudizievole: si dà per scontato che ci sia un primo passo. Meglio domandarsi da dove iniziare. La risposta potrebbe sorprenderci.
“Faccio una cosa sola: dimentico quel che sta alle mie spalle e mi slancio verso quel che mi sta davanti”.
– Flp 3:13.
Pare che molte persone credano che occorra esplorare la propria vita passata alla ricerca di traumi psicologici, di condizionamenti e di chissà che altro. Lunghe sedute che si protraggono per anni distesi forse su un lettino. E poi?
Per iniziare quello che comunemente viene definito un percorso psicologico verso la propria realizzazione, non c’è un primo passo da fare; certamente non c’è da fare un passo indietro. Guardare indietro non cancella il passato ma lo rende di nuovo presente. Acqua passata non macina più, recita un proverbio popolare. Ponendo la nostra attenzione sul passato si rischia di fossilizzarsi. “La moglie di Lot si voltò indietro a guardare e divenne una statua di sale”. – Gn 19:26.
Stando qui e ora – hic et nunc, per dirla con i latini; ועכשיו כאן (kan veachshàv), per dirla in ebraico – è il momento di guardare avanti senza voltarsi indietro.
Se ci pensiamo, ci accorgiamo che la nostra storia occupa tutto il nostro spazio mentale. È un continuo rimuginare. Anziché essere liberi, ci ingabbiamo nel circolo vizioso che la nostra mente evoca e che si autoalimenta. “Lascia perdere, non ti inquietare, non tormentarti: ne avrai solo danno”. – Sl 37:8.
Rimuginando e rimanendo concentrati e ripiegati su se stessi, si offusca la percezione della realtà. Accade che ciò che ci sta intorno e perfino la nostra vera essenza perdano nitidezza e sullo schermo della nostra mente vengono messe a fuoco immagini di vecchi film, mentre la vita attuale, quella vera e reale, si sfuoca. Si hanno allora in primo piano solo pensieri ancorati al passato.
Potrebbe trattarsi di rimpianti. Mentre attraversavano il deserto dopo la liberazione dalla dura schiavitù egiziana, gli israeliti erano presi dal rimpianto e rimuginavano tra loro: “Vi ricordate quel che mangiavamo in Egitto? Senza spendere un soldo avevamo pesce, angurie, meloni, porri, cipolle e aglio!” (Nm 11:5). Paolo, che sapeva guardare avanti, non aveva rimpianti: “Tutte queste cose che prima avevano per me un grande valore, ora che ho conosciuto Cristo, le ritengo da buttar via. Tutto è una perdita di fronte al vantaggio di conoscere Gesù Cristo”. – Flp 3:7,8.
Il passato è una zavorra.
Potrebbe trattarsi di rimorsi. I fratelli di Giuseppe, che erano stati gelosi di lui e lo avevano venduto come schiavo per liberarsene, avevano ancora rimorsi dopo essere stati perdonati e rimuginavano: “’Ora Giuseppe potrebbe incominciare a trattarci male, dicevano, vorrà vendicarsi di tutto il male che gli abbiamo fatto” (Gn 50:15). Da parte sua, commosso, “Giuseppe si mise a piangere” (v. 17). Mantenendo i loro pensieri ancorati al passato, non si rendevano conto della realtà attuale. Il passato non contava più.
Potrebbe trattarsi di rabbia covata. Se i pensieri rimangono ancorati a momenti passati che sono fatti rivivere al presente, tali pensieri possono sconvolgere la mente al punto che la persona non è più in grado di ragionare con logica. “Chi è irascibile mostra stoltezza. Mente equilibrata è vita per il corpo, la gelosia è come un tumore per le ossa” (Pr 14:29,30). Tali pensieri assurdamente radicati in un passato che non esiste più possono innescare risposte psicosomatiche: ipertensione, alterazioni arteriose, difficoltà respiratorie, disturbi di fegato, alterazione della secrezione biliare con incidenza sul pancreas; possono provocare o aggravare asma, disturbi agli occhi, malattie della pelle, orticaria, ulcere, mal di denti e cattiva digestione. Anche la rabbia verso se stessi fa perdere di vista la realtà oscurandola con tinte fosche. E tutto per cosa? Per fatti che non esistono più e che scegliamo di rivivere?
Non si può cancellare deliberatamente qualcosa dalla memoria, è vero. Dimentichiamo molte cose che vorremmo ricordare ma ricordiamo molte cose che vorremmo dimenticare. Tuttavia, perché evocarle? Siamo noi a scegliere i pensieri e se la mente ci propone quelli che bene non ci fanno, possiamo scegliere di non indugiare su di essi. “Vigila sui tuoi pensieri: la tua vita dipende da come pensi”. – Pr 4:23.
Quando Paolo disse: “Faccio una cosa sola: dimentico quel che sta alle mie spalle” (Flp 3:13), non voleva dire di aver in qualche modo cancellato il passato dalla mente. È ovvio che ricordasse ancora le cose del passato (tra l’altro, le aveva appena menzionate). Nel testo greco originale Paolo dice ἐπιλανθανόμενος (epilanthanòmenos): “dimenticante” o, messo in buon italiano, “dimenticando”. Il verbo che Paolo usa è ἐπιλανθάνομαι (epilanthànomai), che significa sì “dimenticare”, ma con la sfumatura di “trascurare / non avere più cura di”. In pratica, Paolo non pensava in continuazione alle cose cui aveva rinunciato. Se gli venivano alla mente, non se ne curava, le trascurava, non le coltivava rimuginandole. Il passato lui lo considerava “una perdita [ζημίαν (zemìan), “un danno”]”, “cose da buttar via” (Flp 3:8); per dirla con il suo linguaggio forte, σκύβαλα (skǘbala), “rifiuti”, “spazzatura”.
È davvero venuto il momento di smettere di preoccuparci di quel che sta alle spalle, del passato. “Chi si mette all’aratro e poi si volta indietro non è adatto per il regno di Dio” (Lc 9:62). Nella prospettiva del Regno, “Non si ricorderà più il passato, non ci si penserà più”. – Is 65:17.
E se siamo oppressi da sensi di colpa che occupano la nostra mente e ci impediscono di vivere? Dio promette: “Io perdonerò le loro colpe, e non mi ricorderò più dei loro peccati”. – Eb 8:12; cfr. 10:17.
Nella sua mentalità positiva, Paolo si vede come un corridore proteso in avanti: “Continuo la mia corsa” (Flp 3:14). Si è mai visto un corridore fermarsi e guardarsi indietro? “Dal punto al quale siamo giunti, continuiamo ad andare avanti”. – Flp 3:16.
Quando si permette ai pensieri di indugiare sul passato, la mente è lì; non si è più al presente, ma al passato. Da quel punto di vista passato, da quella situazione, il futuro appare offuscato. E non solo. Bloccati nel passato, il futuro diventa l’immancabile ripetizione dei soliti stessi identici errori.
Nell’atteggiamento mentale ancorato al passato, ci sono due cose che non vanno:
- Il passato non esiste più. È andato, finito, cessato, scomparso. Estinto. Perché mai cercare di tenere in vita un cadavere? Lasciamo porri, cipolle e aglio d’Egitto dov’erano. Occupiamoci di essere vivi, non di diventare statue di sale.
- Il secondo errore è quello di identificarci col nostro passato, di credere che noi siamo quel modo d’agire che tanto ci ha fatto star male. Ma quel passato è morto. Se lo teniamo mentalmente in vita, pregiudichiamo il futuro e teniamo la mente intasata di cose morte.
È tempo di liberarci della zavorra. Adesso. Oggi. Qui. Ora. “Dio stabilisce di nuovo un giorno chiamato oggi”. – Eb 4:7.