In Eb 4:9 si legge:

“Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio”. – NR.

“Rimane dunque un riposo di sabato per il popolo di Dio”. – TNM.

“È dunque riservato ancora un riposo sabatico per il popolo di Dio”. – CEI.

   Generalmente, da parte dei cosiddetti cristiani si tende a leggere questo passo avendo in mente la presunta abolizione della Legge di Dio e, qui in particolare, la presunta abolizione del quarto Comandamento relativo all’osservanza del sabato, Comandamento che per molti cattolici rimane pressoché sconosciuto, pur apparendo nelle loro Bibbie:

“Ricordati del giorno di sabato per santificarlo: sei giorni faticherai e farai ogni tuo lavoro; ma il settimo giorno è il sabato in onore del Signore, tuo Dio: tu non farai alcun lavoro”. – Es 20:8-10, CEI.

   Molte religioni cosiddette cristiane pretendono di farne un’applicazione spirituale, insegnando la sciocchezza che per loro ogni giorno è sabato. Dio santificò invece un giorno particolare, il settimo, dichiarandolo suo e comandandone il rispetto. – Gn 2:3.

   Staccare un passo biblico dal suo contesto è manovra tipica delle religioni che prendono i versetti biblici qua e là, dando loro un significato conforme alla loro veduta religiosa ma molto lontano dal contesto biblico naturale. Per comprendere bene il passo di Eb 4:9, occorre dunque tornare al testo biblico e capire bene cosa intende dire lo scrittore di Eb. L’errore che solitamente si fa, è di iniziare la lettura da 4:1, come se il precedente testo non contasse nulla.

   In realtà, il discorso che l’agiografo fa inizia alquanto prima, al cap. 3, in cui si mostra come Yeshùa sia superiore a Mosè. Lo scrittore, nel suo testo omiletico, esorta a mantenere “ferma sino alla fine la nostra franchezza e la speranza” (3:6). Poi, in 3:7 inizia la sua considerazione del riposo di Dio citando Sl 95:8-11 (cfr. Eb 3:7-10), che fa riferimento ai quarant’anni nel deserto (Nm 14; cfr. Sl 78). Dopo questo richiamo storico alla disubbidienza che impedì al popolo di entrare nel riposo di Dio, lo scrittore ammonisce: “Badate, fratelli, che non ci sia in nessuno di voi un cuore malvagio e incredulo, che vi allontani dal Dio vivente” (3:12), riprendendo così l’esortazione del v. 6. Rifacendosi alla frase “Oggi, se udite la sua voce” di Sl 95:8 (Eb 3:7), egli attualizza la situazione: “Finché si può dire: «Oggi», perché nessuno di voi s’indurisca per la seduzione del peccato” (Eb 3:13). In 3:15 rende il tutto ancora più attuale, coinvolgendo direttamente ai suoi lettori (o ascoltatori, giacché si tratta di un’omelia): “Ci viene detto: «Oggi, se udite la sua voce, non indurite i vostri cuori, come nel giorno della ribellione»”. Dal v. 16 al 19 spiega che furono gli ebrei nel deserto a ribellarsi e quindi a non aver diritto di accesso al riposo di Dio. In 4:1 avverte poi: “Stiamo dunque attenti: la promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso”. In 4:2-8 l’agiografo dimostra che il riposo di Dio è futuro, tanto che per entrarvi “Dio stabilisce di nuovo un giorno – oggi” (4:7). Dopo aver detto che “rimane dunque un sabbatismòs [σαββατισμός] per il popolo di Dio” (4:9), esorta: “Sforziamoci dunque di entrare in quel riposo”. – 4:11.

   Ora, va notato che in Eb 4:9-11 ci sono due parole diverse che sono implicate:

9 ἄρα ἀπολείπεται σαββατισμὸς τῷ λαῷ τοῦ θεοῦ

àra apolèipetai sabbatismòs tò laò tù theù

quindi rimane un riposo di sabato al popolo del Dio

10 ὁ γὰρ εἰσελθὼν εἰς τὴν κατάπαυσιν αὐτοῦ …

o gàr eiselthòn eis tèn katàpausin autù …

lo infatti essente entrato in il riposo di lui …

11 Σπουδάσωμεν οὖν εἰσελθεῖν εἰς ἐκείνην τὴν κατάπαυσιν

Spudàsomen ùn eiselthèin eis ekèinen tèn katàpausin

Affrettiamoci dunque a entrare in quello il riposo

   I due vocaboli in questione sono:

  • κατάπαυσις (katàpausis), “il riposare” / “luogo di riposo”.
  • σαββατισμός (sabbatismòs), “osservanza del sabato”, “sabato di riposo”. – Arndt & Gingrich, Lessico greco del Nuovo Testamento.

   Così, quando si parla di entrare nel riposo, si parla appunto di “riposarsi” (katàpausis) e non di sabato. Tutto il discorso che fa l’agiografo riguarda l’ubbidienza e la perseveranza per entrare nel “riposo” (katàpausis) di Dio, e non direttamente il sabato. Fin qui Eb non stava parlando (non ancora, almeno) del sabato ma del riposo (katàpausis) di Dio. Eppure il sabato vi viene collegato, perché in Eb 4:4 è precisato: “In qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere»”. Per Eb il katàpausis, “il riposo”, ha a che fare con il sabbatismòs, l’“osservanza del sabato”.

   La frase di 4:9 appare come un inciso, che Eb collega al riposo (katàpausis) divino: “Rimane dunque”, e menziona ora il sabbatismòs, l’osservanza del sabato. Rivediamo bene tutto il contesto:

 

Eb 4:

Testo biblico

Senso

1

La promessa di entrare nel suo riposo è ancora valida e nessuno di voi deve pensare di esserne escluso Permane la validità della promessa divina di entrare nel riposo κατάπαυσις (katàpausis) di Dio.

3,4

Dio ha detto: «Così giurai nella mia ira: ‘Non entreranno nel mio riposo!’» E così disse, benché le sue opere fossero terminate fin dalla creazione del mondo. Infatti, in qualche luogo, a proposito del settimo giorno, è detto così: «Dio si riposò il settimo giorno da tutte le sue opere». Il riposo κατάπαυσις (katàpausis) promesso da Dio è collegato al sabato, il “settimo giorno”, perché – benché la creazione sia già terminata e sia detto che “Dio si riposò il settimo giorno” – Eb precisa che il riposo è futuro e lo collega proprio al sabato.

6,7

Poiché risulta che alcuni devono entrarci … Dio stabilisce di nuovo un giorno – oggi. Dio dà una nuova opportunità d’entrare nel suo riposo e tale opportunità è attuale, riferita all’oggi.

9

Rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio. Proprio perché il riposo κατάπαυσις (katàpausis) di Dio è ancora possibile, “rimane un risposo sabatico”, σαββατισμός (sabbatismòs), “per il popolo di Dio”.

 

   La parola greca σαββατισμός (sabbatismòs) può essere tradotta “sabato di riposo”, oltre che “osservanza del sabato” (Arndt & Gingrich, Lessico greco del Nuovo Testamento). La frase diventa allora: “Rimane dunque un sabato di riposo [σαββατισμός (sabbatismòs)]”, il che s’innesta perfettamente nella valutazione fatta prima, perchè il tema è il riposo (katàpausis) di Dio e l’agiografo fa un inciso motivato, osservando che “rimane dunque un sabato di riposo” (ovvero un altro riposo), che non è il riposo katàpausis di cui parlava ma che lo raffigura. Egli non si contraddice, identificando il riposo katàpausis di Dio con il sabato, ma annota che mentre i credenti volgono lo sguardo al riposo katàpausis di Dio, per loro “rimane un sabato di riposo”. Mentre si sforzano, ubbidendo, di entrare nel riposo katàpausis, hanno “un sabato di riposo” o sabbatismòs da osservare. Devono insomma osservare il quarto Comandamento rispettando il sabato.

   Questo concetto è espresso anche dall’apostolo Paolo in Col 2:16:17:

“Nessuno vi giudichi riguardo … a osservanza … o a sabato; poiché queste cose sono un’ombra delle cose avvenire”. – TNM.

   Paolo dice ai colossesi che nessuno deve permettersi di giudicarli perché osservano le sante Festività comandate da Dio, compreso il sabato. E ne dà anche la ragione: “Poiché queste cose sono un’ombra delle cose avvenire” ovvero sono un tipo o prefigurazione che indica l’antitipica realtà. È in effetti ciò che afferma anche l’autore ispirato di Eb dicendo che “rimane dunque un riposo sabatico per il popolo di Dio”, in cui quel “dunque” fa riferimento al fatto che il riposo divino ha a che fare con il sabato.

 

Mentre i credenti si sforzano, ubbidendo, di entrare nel riposo katàpausis,

hanno “un sabato di riposo” o sabbatismòs da osservare.

 

   Ciò esclude in modo categorico che il sabato possa essere considerato come riposo spirituale alla maniera “cristiana” come inteso dai detrattori della Legge di Dio. L’agiografo insiste infatti sull’ubbidienza alla parola di Dio.

   L’aurore di Eb, sebbene all’inizio distingua il riposo katàpausis dal sabato, argomentando in 4:3-5 che il riposo katàpausis di cui parla è diverso da quello del settimo giorno, dopo aver detto che Giosuè non condusse gli ebrei in quel riposo (sempre katàpausis), ribadisce che esso è futuro (4:8). È a questo punto che fa il suo inciso, collegandolo strettamente a quanto appena detto, perché dice “dunque”, pervenendo così a una conclusione; e afferma: “Rimane dunque un sabato di riposo [σαββατισμός] per il popolo di Dio (4:9). Ora, questo “sabato di riposo” è il σαββατισμός (sabbatismòs), non il κατάπαυσις (katàpausis) di cui aveva parlato finora. Non solo. Mentre prima distingueva il katàpausis dal settimo giorno (4:3-5), ora collega il sabbatismòs proprio al settimo giorno, dicendo – a dimostrazione – “infatti”: “Infatti chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue” (4:10). Mentre in 4:4 aveva usato l’argomento del riposo divino nel settimo giorno per dire, da un certo punto di vista, che non era quello il riposo katàpausis in cui si deve entrare, ora usa lo stesso identico argomento per sostenere che rimane l’osservanza del sabato o σαββατισμός (sabbatismòs). In 4:10, perciò, a differenza del resto del brano relativo al riposo katàpausis, l’autore parla del sabato del Comandamento, mettendolo in relazione al riposo futuro, perché non solo lo collega con “infatti” al “sabato di riposo” o sabbatismòs del versetto precedente (4:9) ma fa un richiamo al settimo giorno. Poi, al v. 11 conclude la sua esortazione incitando a entrare nel riposo katàpausis di Dio e la motiva aggiungendo: “Affinché nessuno cada seguendo lo stesso esempio di disubbidienza”, riallacciandosi così di nuovo al richiamo storico per sostenere la necessità di ubbidire alla parola di Dio.

   Il riposo katàpausis è perciò strettamente collegato all’osservanza del “sabato di riposo” o sabbatismòs. In altre parole: la meta è il katàpausis, ma per entrarci dobbiamo ubbidire a Dio e osservare anche il sabato di riposo (σαββατισμός, sabbatismòs). Osservando il quarto Comandamento (riposo di sabato) – dice l’autore ispirato – si entra nel risposo katàpausis di Dio: “Chi entra nel riposo di Dio si riposa anche lui dalle opere proprie, come Dio si riposò dalle sue” (4:10). Si tratta di un entrare temporaneamente in quel riposo.

   Osservare il sabato significa in qualche modo entrare nel riposo di Dio, seppur temporaneamente. C’è qui una grande profondità, che è squisitamente biblica. Nella Bibbia, infatti, il segno è qualcosa in più che non il simbolo come inteso all’occidentale. Entrando nel segno, biblicamente è come entrare in certo qual modo nella realtà espressa dal segno. Ogni settimana, osservando il sabato, entriamo per un giorno nel riposo di Dio che è futuro ed eterno. Per dirla con il grande pensatore ebreo A. J. Heschel: “L’eternità esprime un giorno”. – Il sabato, Garzanti.