8 – “Non rubare”. – Es 20:15.

 

Due parole: לֹא תִּֿגְנֹב (lo tighnòv), “non ruberai”. Due parole impresse su “tavole di pietra, scritte con il dito di Dio” (Es 31:18). È in queste due parole che è racchiusa tutta la questione sociale, il problema della giustizia umana e dei rapporti tra le persone. Non c’è qui soltanto la proibizione del furto e delle ruberie come li conosciamo dalle cronache sui giornali o per averli subiti. C’è qui qualcosa di più vasto e di più profondo. Si tratta dell’attentato a ciò che si possiede e di cui si possa dire: È mio. Non si tratta solo di ciò che si possiede materialmente (denaro, casa, campi o altro), ma include anche la propria personalità, la propria entità personale (sociale, nazionale, spirituale). Qualsiasi appropriazione di una proprietà altrui è furto, ma lo è anche la privazione della libertà, la negazione al diritto di lavorare, di essere curati. Sono nostri anche i nostri sogni. Togliere qualcosa a qualcuno è quella che l’ebraico biblico chiama חָמָס (khamàs), “violenza”, “torto”. La decadenza del genere umano iniziò con un furto: l’appropriazione di un frutto dell’albero della conoscenza del bene e dal male, che apparteneva solo a Dio.

   “Quando qualche straniero abiterà con voi nel vostro paese, non gli farete torto. Tratterete lo straniero, che abita fra voi, come chi è nato fra voi; tu lo amerai come te stesso; poiché anche voi foste stranieri nel paese d’Egitto. Io sono il Signore vostro Dio. Non commettete ingiustizie nei giudizi, né con le misure di lunghezza, né con i pesi, né con le misure di capacità. Avrete bilance giuste, pesi giusti” (Lv 19:33-36). Noi stessi siamo stranieri e ospiti di Dio su questa terra: “La terra è mia e voi state da me come stranieri e ospiti” (Lv 25:23). Sono enunciazioni in cui c’è tutto un programma di onestà sociale. Tutta l’economia mondiale e tutti i rapporti d’interesse devono essere regolati, secondo la Bibbia, dal principio che ogni cosa, tutto, è di Dio. Tutto ciò che chiamiamo “mio” ci è in effetti affidato temporaneamente. “Badate di tenervi lontani dall’ansia delle ricchezze, perché la vita di un uomo non dipende dai suoi beni, anche se è molto ricco. Poi raccontò loro questa parabola: ‘Un ricco aveva dei terreni che gli davano abbondanti raccolti. Tra sé e sé faceva questi ragionamenti: Ora che non ho più posto dove mettere i nuovi raccolti cosa farò? E disse: Ecco, farò così: demolirò i vecchi magazzini e ne costruirò altri più grandi. Così potrò metterci tutto il mio grano e i miei beni. Poi finalmente potrò dire a me stesso: Bene! Ora hai fatto molte provviste per molti anni. Ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti! Ma Dio gli disse: Stolto! Proprio questa notte dovrai morire, e a chi andranno le ricchezze che hai accumulato?’” (Lc 12:15-20, PdS). Nessuno possiede davvero, perché ogni cosa è di Dio, eppure tutti devono possedere perché così Dio desidera. “Vi farò entrare nel paese che giurai di dare ad Abraamo, a Isacco e a Giacobbe. Io ve lo darò in possesso” (Es 6:8). Oggi si chiamerebbe comodato d’uso gratuito. Ogni famiglia ebrea possedeva la sua parte di terreno e i figli la ereditavano. La terra doveva rimanere in possesso della stessa famiglia di generazione in generazione, per questo non si poteva vendere per sempre. Quando una famiglia si trovava in difficoltà ed era costretta a vendere un terreno, in realtà non si trattava di una vera vendita ma di una locazione; il canone era stabilito in base alle messi che avrebbe prodotto il terreno e il prezzo d’acquisto si calcolava in base al numero di anni che mancavano al successivo Giubileo, quando ogni possedimento terriero doveva tornare per legge al proprietario originale (Lv 25:13,15,23,24). La salvaguardia dell’eredità si vede anche nel caso di cinque battagliere ragazze che si resero conto che senza un fratello maschio che ereditasse, la loro famiglia non avrebbe ricevuto una porzione di terreno. They (not a male representative) went before Moses, the priest and the whole congregation to present their case. “Allora si fecero avanti . . . esse si presentarono davanti a Mosè, davanti al sacerdote Eleazar, davanti ai capi e a tutta la comunità” per presentare il loro caso (Nm 27:1,2). Queste donne ebbero il coraggio di reclamare il loro diritto non solo davanti a Mosè, ma davanti a Dio stesso tramite il sacerdote. “Mosè portò la loro causa davanti al Signore. E il Signore disse a Mosè: ‘Le figlie di Selofead dicono bene. Sì, tu darai loro in eredità una proprietà’” (Nm 27:5-7). They realized that without a brother to inherit, their family would not receive a portion of land.La loro causa (vinta) divenne perfino un precedente legale, tanto che Dio fece inserire delle deroghe nella sua Legge, così che fu “per i figli d’Israele una norma di diritto, come il Signore ha ordinato”. – Nm 27:8-11.

   Nessuna antica civiltà fu così sensibile al rispetto della cosa altrui quanto quella ebraica. Il profeta Isaia chiama “compagni di ladri” i capi che frodano la giustizia (Is 1:23) e agli anziani e ai principi del popolo dice che sono chiamati a rendere conto a Dio per aver “bruciato la vigna” e “preso mediante rapina all’afflitto” (Is 3:14, TNM). Viene condannato come furto a danno dei poveri il lusso delle case sontuose costruite sfruttando gli operai: “Guai a colui che costruisce la sua casa senza giustizia e le sue camere senza equità; che fa lavorare il prossimo per nulla, non gli paga il suo salario” (Ger 22:13). A gente di questa specie si ricorda l’esempio degli antenati ebrei: “Tuo padre forse non mangiava e beveva? Però faceva ciò che è retto e giusto, e tutto gli andava bene. Egli giudicava la causa del povero e del bisognoso, e tutto gli andava bene”. – Ger 22:15,16.

   L’ideale è stabilito da Dio stesso: “Io, il Signore, amo la giustizia, odio la rapina, frutto d’iniquità” (Is 61:8). Nel mondo futuro sotto il Regno di Dio, le persone godranno della loro proprietà e “potranno sedersi ciascuno sotto la sua vite e sotto il suo fico, senza che nessuno li spaventi”. – Mic 4:4.