Il profetismo del tempo apostolico è una rifioritura di quello già visto nelle Scritture Ebraiche.

  • Accanto a Yeshùa. Yeshùa appare in un’atmosfera profetica. Zaccaria, il giorno della nascita del figlio Giovanni, annuncia la prossima venuta del messia (Lc 1:67-70). Simeone e Anna riconoscono il salvatore tanto atteso nel bimbo che viene presentato nel Tempio, e ne preannunciano i frutti salvifici (Lc 2:25-35,36-38). Il battezzatore, consacrato profeta sin dal ventre materno, gli prepara la via. – Lc 1:15-17,76,77; Mt 14:5;21:26.

   Giovanni il battezzatore dà un colorito tutto speciale perché presenta al mondo il messia che era già stato oggetto speciale delle antiche profezie (Gv 1:26-31; 1Pt 1:10-12). Per questo, Giovanni il battezzatore è l’ultimo profeta dell’economia antica. Dopo di lui si attua la rivelazione di Yeshùa: “Tutti i profeti e la legge hanno profetizzato fino a Giovanni”. – Mt 11:13.

  • Yeshùa il consacrato. Yeshùa stesso si presenta con molti tratti profetici. Egli conosce “i segni dei tempi” (Mt 16:3) e ne preannuncia la fine (Mt 24 e 25). Yeshùa riprende la critica che avevano fatto gli antichi profeti e biasima i farisei che detengono “la chiave della scienza” ma non la usano, dato che non entrano loro stessi nel Regno divino ed impediscono agli altri di entrarvi: “Voi non siete entrati, e a quelli che volevano entrare l’avete impedito” (Lc 11:52). Come un profeta, Yeshùa condanna l’ipocrisia del suo tempo: “Ipocriti, ben profetizzò Isaia di voi quando disse: Questo popolo mi onora con le labbra, ma il loro cuore è lontano da me. Invano mi rendono il loro culto, insegnando dottrine che sono precetti d’uomini” (Mt 15:7-9; cfr. Is 29:13). Proprio come un profeta, nega che gli ebrei siano veri “figli di Abraamo” (Gv 8:39); purifica il Tempio (Mr 11:15,16; cfr. Is 56:7); annuncia un culto spirituale e perfetto che avrebbe fatto seguito alla distruzione del Tempio di Gerusalemme (Gv 4:16,17: cfr. Zc 14:21). Come gli antichi profeti, anche lui sa che il suo messaggio sarà respinto e che lui stesso sarà ucciso a Gerusalemme subendo la stessa sorte dei suoi predecessori: “Gerusalemme, Gerusalemme, che uccidi i profeti e lapidi quelli che ti sono mandati, quante volte ho voluto raccogliere i tuoi figli, come la chioccia raccoglie i suoi pulcini sotto le ali; e voi non avete voluto! Ecco, la vostra casa sta per esservi lasciata [deserta]. Infatti vi dico che da ora in avanti non mi vedrete più, finché non direte: ‘Benedetto colui che viene nel nome del Signore!’” (Mt 23:37-39). Dei segni miracolosi accompagnano la sua predicazione, come già un tempo ne avevano compiuto Elia, Eliseo ed Isaia, confermando così la sua missione profetica (Mt 11:4,5). Yeshùa era stato preannunciato dalla Bibbia come profeta: “Mosè, infatti, disse: ‘Il Signore Dio vi susciterà in mezzo ai vostri fratelli un profeta come me; ascoltatelo in tutte le cose che vi dirà.  E avverrà che chiunque non avrà ascoltato questo profeta, sarà estirpato di mezzo al popolo’”. – At 3:22,23; cfr. Dt 18:18, attraverso Mal 3:1;4:5.

   È dunque logico che Yeshùa sia stato proclamato profeta da parte della folla (Mr 6:15; Mt 16:14; Gv 4:19;9:17; Mt 21:11). Yeshùa stesso non ha disdegnato tale titolo di profeta: “Gesù disse loro: ‘Un profeta non è disprezzato che nella sua patria e in casa sua’” (Mt 13:57). Questo titolo di “profeta” finì poi con l’essere dimenticato e sostituito da altri più corrispondenti alla complessa figura del messia. Yeshùa, infatti, non è solo un profeta come gli altri, ma è il profeta per eccellenza di cui già avevano parlato le Scritture. Al battezzatore era stato domandato: “Sei tu il profeta?”, ma “egli rispose: ‘No’” (Gv 1:21). Si noti che non gli viene domandato se è un profeta, ma se è il profeta: προφήτης εἶ σύ;  (o profètes èi su?), “Sei tu il profeta?”. E Giovanni risponde di no: non era il profeta. Egli era solo un profeta, sebbene poi Yeshùa lo definisse il più grande dei profeti. Di Yeshùa però è detto: “Questi è certo il profeta che deve venire nel mondo” (Gv 6:14), “Questi è davvero il profeta”. – Gv 7:40.

   Yeshùa non è uno dei tanti profeti cui fu rivolta la parola di Dio nel corso dei secoli. Egli è la parola stessa di Dio fatta carne ovvero rivestitati di carne umana (Gv 1:14). Gli antichi profeti dicevano: “Oracolo di Yhvh”. Yeshùa diceva invece: “Io vi dico” (cfr. Mt 5). La missione e la persona di Yeshùa non sono più nello stesso ordine degli antichi profeti che erano i “servitori” di Dio, ma in una situazione del tutto particolare perché egli è il “figlio di Dio”: “Dio, dopo aver parlato anticamente molte volte e in molte maniere ai padri per mezzo dei profeti, in questi ultimi giorni ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. – Eb 1:1,2.

   La profezia nella congregazione primitiva.

   “Le profezie verranno abolite” (1Cor 13:8), dice Paolo. Però Paolo non spiega con chiarezza quando. Ad ogni modo, la venuta del messia provocò un’esplosione profetica con un’estensione mai raggiunta prima. “Oh, fossero pure tutti profeti nel popolo del Signore” (Nm 11:29), si augurava Mosè. Gioele aveva previsto l’universalità del carisma profetico come una caratteristica dell’epoca messianica (Gle 3:1-11) e Pietro trova avverato tale annuncio nel giorno di Pentecoste. – At 2:16-21.

   I profeti per eccellenza nelle Scritture Greche furono gli apostoli, che ebbero il compito di trasmettere e di dare forma al messaggio di Yeshùa e per questo furono guidati dallo spirito santo di Dio (1Cor 12:28; Gv 16:12,13;14:26). Ef 2:20 viene in genere tradotto male, inserendo una modifica non presente nel testo greco: “Siete stati edificati sul fondamento degli apostoli e dei profeti” (TNM). La frase paolina dice nell’originale: τῶν ἀποστόλων καὶ προφητῶν (ton apostòlon kài profetòn), “degli apostoli e profeti”. La mancanza dell’articolo prima di “profeti” fa conoscere che questi non costituivano una categoria a parte e distinta dagli apostoli, ma che sono una categoria unica con essi. In 3:5 c’è la stessa costruzione: “È stato rivelato ai santi apostoli e profeti”, “ai suoi santi apostoli e profeti” (TNM); e qui i traduttori non possono inserire l’articolo non presente nel greco davanti a “profeti”, pena il cadere in un anacronismo (il versetto parla del tempo attuale, quello apostolico). I profeti per eccellenza, nelle Scritture Greche, sono dunque gli apostoli.

   Una speciale categoria di credenti, detti profeti, sono nominati subito dopo gli apostoli: “Dio ha posto nella chiesa in primo luogo degli apostoli, in secondo luogo dei profeti” (1Cor 12:28). Questi discepoli profeti sono superiori a coloro che possiedono il dono delle lingue: “Chi profetizza è superiore a chi parla in altre lingue” (1Cor 14:5). Essi non devono per nulla essere disprezzati: “Non disprezzate le profezie” (1Ts 5:20). Devono agire con ordine e per il bene della comunità (1Cor 14:29). Anche le donne possono profetizzare, purché con il capo velato (1Cor 11:5), per indicare la loro autorità (1Cor 11:10). I profeti potevano talora predire il futuro, come ad esempio Agabo che preannunciò una carestia durante il regno di Claudio e, con un’azione simbolica, l’imminente prigionia di Paolo (At 11:27,28;21:10,11). Ciò avvenne in casa del diacono Filippo che aveva quattro figlie profetesse (Ibidem). L’attività specifica di questa categoria di discepoli era tutta d’insegnamento, che più della profezia penetrava nel cuore dei presenti e ne scrutava gli intimi segreti. Giovanni, come profeta, rivela alle sette congregazioni d’Asia la loro reale situazione (Riv 2 e 3). Il ministero profetico utile ai fedeli lo era anche per i non credenti che erano così convertiti. – 1Cor 14:35;14:22,24,25; cfr. anche il caso simile di Yeshùa con la samaritana, in Gv 4:16-19.

   I profeti erano sottoposti al controllo di altri profeti, giacché il loro parlare poteva essere compreso, a differenza del parlare in lingue: “Chi parla in altra lingua non parla agli uomini, ma a Dio; poiché nessuno lo capisce, ma in spirito dice cose misteriose. Chi profetizza, invece, parla agli uomini” (1Cor 14:2,3). Anche la loro dottrina era sottoposta a controllo (1Cor 12:3). Dovevano anche essere sottomessi all’autorità spirituale: “Se qualcuno pensa di essere profeta o spirituale, riconosca che le cose che io vi scrivo sono comandamenti del Signore” (1Cor 14:37). Questi discepoli profeti non potevano attirare a loro la congregazione e governarla (1Cor 12:4-11). I profeti andarono gradatamente scomparendo nella storia della chiesa primitiva.