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Pane spirituale quotidiano è una raccolta di versetti biblici: 366, quanti sono i giorni dell’anno tenendo conto anche degli anni bisestili. Questa collezione, alla pari di molte altre simili, offre la possibilità di meditare su un versetto biblico ciascun giorno dell’anno, giorno dopo giorno, un versetto al giorno. La nostra raccolta, a differenza delle altre, non si propone di fornire un piccolo studio biblico quotidiano su un versetto né di presentare una piccola predica. Non è finalizzata ad indottrinare e neppure ad esortare in modo paternalistico che rasenta il rimprovero come purtroppo spesso accade nelle prediche. La nostra collezione di versetti è concepita con un taglio completamente diverso. Intende fornire ad ogni credente un piccolo spazio quotidiano di pochi minuti in cui guardare a sé stessi in modo positivo e fiducioso (a insinuarci negatività ci pensa già la vita di questo mondo e a rimproverarci ci pensa già fin troppo la coscienza di essere peccatori). Nella nostra raccolta non viene esposto né consigliato alcunché. Vengono invece presentate poche domande oppure delle brevi riflessioni – sempre in chiave positiva – con lo scopo di riportare la barra al centro per una navigazione della vita serena e tranquilla.

   Facciamo un esempio. Apriamo a caso una delle solite raccolte di versetti biblici e troviamo proposto, per un giorno che pure abbiamo preso a caso, Sl 119:103: “Oh, come sono dolci le tue parole al mio palato! Sono più dolci del miele alla mia bocca”. Leggiamo il commento su cui dovrebbe meditare chi si avvale di quella raccolta e troviamo almeno tre altre citazioni bibliche nonché un rimando ad una pubblicazione religiosa dello stesso editore. Già a voler leggere come si deve i contenuti di questi riferimenti occorre come minimo un quarto d’ora, forse mezz’ora. Se poi andiamo al “succo del discorso”, vi troviamo una pressante esortazione ad acquistare accurata conoscenza della Bibbia, a riservare del tempo ogni giorno per meditare su brani biblici e a gustare il buon cibo spirituale provveduto … dall’editore, ovviamente. Infine non manca la sollecitazione a predicare ad altri. E come ci si dovrebbe sentire dopo questa predica? Psicologicamente più condizionati e pressati, in definitiva un po’ in colpa per non riuscire a far tutto ciò che viene richiesto. Nella nostra impostazione avremmo invece proposto così il passo di Sl 119:103: «Quali espressioni bibliche, tra quelle che conosco, mi fanno star bene? A quale di esse posso riandare con la mente durante questa giornata per addolcirla?». Pochi minuti. Per far entrare un raggio di luce nella nostra giornata e mettere a dimora nella nostra mente pensieri sereni e positivi. Un momento prezioso in cui si si raccoglie in se stessi con semplicità. Non è una pausa di studio, ma un minuto o pochi minuti di riflessione positiva.

    Riflessione da fare da soli? La “scrittura del giorno” si presta alla riflessione psicologico-spirituale personale, ma può anche essere fatta con altri (ad esempio, con il coniuge o con i figli); in quest’ultimo caso – richiamandoci al modello esposto sopra (Sl 119:103) – ci si può domandare a vicenda: «E a te quali passi biblici piacciono in particolare? Quand’è che ti fanno star bene?».

   Quale momento della giornata è più appropriato per la considerazione del “versetto del giorno”? Ciascuno può regolarsi come meglio crede. Al mattino si ha il vantaggio di predisporci al buon umore ed è certamente il momento migliore; al pomeriggio ci aiuta mantenerlo o a ristabilirlo; la sera, se si è costretti a scegliere questo momento, ci permette di fare una valutazione della giornata e di guardare al domani con più fiducia.

      Molti credenti hanno a disposizione una raccolta annuale di passi biblici, uno per giorno. Se ne trovano sotto forma di libri, di calendari da parete con un foglietto per ogni giorno; se ne trovano anche in rete. Alla nostra raccolta abbiamo dato il nome di Pane spirituale quotidiano. Dopo aver spiegato il taglio particolare della nostra collezione, vogliamo ora spiegare – di seguito – perché l’abbiamo chiamata Pane spirituale quotidiano.  

Il vero pane chiesto da Yeshùa in preghiera

   Nella preghiera modello insegnata da Yeshùa (Gesù) – conosciuta come Paternòster o Padre Nostro –, egli così prega Dio in Mt 6:11: “Dacci oggi il nostro pane quotidiano” (TNM; nota in calce: “O «per questo giorno»”). Nel passo parallelo di Lc 11:3 Yeshùa dice: “Dacci ogni giorno il nostro pane in base al bisogno quotidiano” (TNM). Nel testo originale lucano è scritto, letteralmente: “Dà a noi il nostro pane, quelloepiùsion, giorno per giorno”.   

   Intanto, perché queste differenze tra i racconti di Matteo e di Luca? Può darsi che si tratti di due occasioni diverse. La preghiera era infatti di fondamentale importanza per Yeshùa, e quindi non è affatto escluso che egli abbia ripetuto più volte la preghiera modello per favorirne l’apprendimento da parte dei suoi discepoli. Del resto, le circostanze in cui Yeshùa disse quelle parole possiamo desumerle dal contesto in cui Luca le inserisce, ma altrettanto non possiamo fare per il Vangelo mattaico, perché Matteo raggruppa tutti i discorsi di Yeshùa in grandi sezioni (Luca li distribuisce invece lungo tutto il suo scritto). Se poi si tratta di un unico evento, uno dei due evangelisti pare più fedele ai fatti e l’altro un po’ meno, anche se sarebbe meglio dire in tal caso che uno è più completo (Luca, che nella sua introduzione precisa di essersi accuratamente informato di ogni cosa dall’origine e di scriverne per ordine – 1:3) mentre l’altro (Matteo) va all’essenziale. In ogni caso, le differenze tra le due versioni sono piuttosto marginali. Comunque sia, dal fatto che la chiesa primitiva avesse due differenti versioni della preghiera-modello possiamo dedurre con certezza che essa non la riteneva una preghiera da recitare a memoria, come oggi fanno molti cosiddetti “cristiani”.

   Vogliamo qui rimarcare invece un elemento molto importante che è comune alle due versioni. Sia in Mt che il Lc a Dio viene chiesto di dare τὸν ἄρτον ἡμῶν τὸν ἐπιούσιον (tòn àrton emòn tòn epiùsion), letteralmente “il pane di noi quello epiùsion”. L’aggettivo greco ἐπιούσιος (epiùsios) è un hapax legomenon, che nel linguaggio dei biblisti indica quei termini che nella Bibbia compaiono una sola volta (anche se nel nostro caso sono due, si tratta però di due passi paralleli). Il fatto è che tale termine non compare neppure presso alcun autore greco antico, tanto che il vocabolario di L. Rocci dà come fonte unicamente NT (= Nuovo Testamento), rendendolo in italiano “quotidiano” e specificando “fino al giorno di domani”; il Rocci dà anche come etimologia alternativa ἐπιόν, οὐσία (epiòn, usìa), “stante sopra, sostanza”. La mancanza di fonti nella letteratura greca per quanto riguarda il termine epiùsios, ha indotto alcuni esegeti ha formulare l’ipotesi che esso sia stato coniato dagli evangelisti.

   Occorre in ogni caso tener presente che Yeshùa parlava in aramaico. Ora, della preghiera-modello abbiamo una versione in aramaico e qui la frase suona:

יומנא דסונקנן לחמא לן הב

hab làn làkhma desunqànan yaumàna

dà a noi il pane per il nostro bisogno oggi

   A quale “bisogno” alluse Yeshùa? Materiale? La parola “pane” sembrerebbe confermarlo, tuttavia nella Bibbia quella parola è usata spesso anche in senso metaforico. – Cfr. Sl 80:5; Pr 4:17;20:17; 31:27; Is 30:20;55:2; Mt 26:26; Lc 22:19; 1Cor 11:23,24.  

   Il latinista Girolamo (347 – 419/420) tradusse nella sua Vulgata (il testo latino più antico): “Panem nostrum supersubstantialem da nobis hodie”, “Dacci oggi il nostro pane soprasostanziale”. Della Vulgata latina ci furono diverse revisioni (tre versioni a cura di Girolamo stesso), fino all’ultima attuata con il Concilio Vaticano II (1962-1965). L’attuale versione recita “panem nostrum cotidianum da nobis cotidie”. Il termine “quotidiano” sostituì quindi il precedente “supersostanziale”. Secondo il traduttore latino della Vulgata Yeshùa voleva sottolineare la necessità (richiamata anche da Paolo) della preghiera quotidiana. La parola “quotidiano” ha avuto la meglio su “supersostanziale” (o spirituale).

   Se analizziamo il termine greco ἐπιούσιος (epiùsios), ormai tradotto “quotidiano”, vediamo che vi compare la preposizione ἐπί (epì), “sopra”. Alla luce di quanto inteso da Girolamo, assume quindi più forza l’etimologia presentata dal grecista Lorenzo Rocci: ἐπιόν, οὐσία (epiòn, usìa), “stante sopra, sostanza”; in definitiva “sopra-sostanziale”, “super-sostanziale”.

   Ma si tratta di pane materiale o spirituale? Sicuramente i credenti chiedono il pane spirituale perché essi sanno di non doversi preoccupare delle necessità materiali. Fu sempre Yeshùa a dire: “Per la vostra vita non affannatevi di quello che mangerete o berrete … la vita forse non vale più del cibo?” (Mt 6:25, CEI). Si noti che questa raccomandazione di Yeshùa viene solo pochi versetti dopo di 6:11 in cui egli chiede a Dio il pane. Yeshùa non si contraddiceva, quindi il pane che chiediamo è quello spirituale. E lo chiediamo “giorno per giorno”, καθ’ ἡμέραν (kath’emèran). – Lc 11:3.

   Il teologo e filosofo greco antico Origene (185 – 254) fece un’interessante ipotesi: secondo lui il termine epiùsios si può spiegare tenendo in considerazione che si tratta di una traduzione in greco di un termine ebraico. Origene, per chiarire la sua idea, fa riferimento alla traduzione in greco della Bibbia ebraica, citando Es 19:5: qui è detto che se Israele ubbidirà a Dio sarà per Lui una sua “proprietà personale”, nel testo ebraico segullàh, che la LXX greca traduce con περιούσιος (periùsios), termine che Origene reputa affine a epiùsios. Il Rocci traduce questo aggettivo con “eletto/scelto/particolare”, ponendolo sotto la voce periusìa (περιουσία) che definisce “sopravanzo” nel senso di “soprabbondanza”. I due termini epiùsios e periùsios hanno in comune il riferimento ad usìa (οὐσία), “sostanza”. Alla luce di questa comparazione, il pane di cui Yeshùa parla nella sua preghiera-modello non può essere quello materiale: si tratta piuttosto di un pane spirituale, di un nutrimento spirituale che ci avvicina a Dio.

   Di ciò abbiamo anche una prova analizzando i testi biblici di Lc 11:3 e di Mt 6:11. Nel passo lucano Yeshùa chiede a Dio il pane epiùsion τὸ καθ’ ἡμέραν (tò kath’emeran), “quello giorno per giorno”; il che potrebbe riferirsi al pane quotidiano, quello che si mangia appunto “giorno per giorno”. Ma nel passo mattaico egli chiede il pane epiùsion per σήμερον (sèmeron), “oggi”, “per questo giorno”. Ora, se traduciamo epiùsion con “quotidiano”, abbiamo una tautologia; sarebbe come dire ‘dacci oggi il pane di oggi’. Se però diamo ad epiùsion il suo vero senso, abbiamo la richiesta di Yeshùa così come egli la formulò: “Dacci oggi il pane super-sostanziale”. (Tra l’altro, questo sèmeron mattaico, “oggi”, ci permette di mantenere l’aggettivo “quotidiano” nel nome che abbiamo dato alla nostra raccolta).

   Verso il 200, lo scrittore e apologeta Tertulliano (155 circa – 230 circa), nel suo trattato sulla preghiera, così commentò il Padre Nostro: “Dopo le cose del cielo, cioè dopo il Nome di Dio, la Volontà di Dio, il Regno di Dio, vengono le necessità della terra, alle quali il Signore ha voluto riservare un posto … Tuttavia, forse bisogna dare un senso spirituale alle parole: «Dacci oggi il nostro pane quotidiano»”.

   Il pane chiesto da Yeshùa in preghiera a Dio diventa così il pane della nostra necessità, tutto quello di cui abbiamo spiritualmente bisogno, l’insegnamento quotidiano di cui necessitiamo. Come disse lo stesso Yeshùa, “Sta scritto: «Non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio»” (Mt 4:4, CEI). Yeshùa si riferisce qui a quanto fu detto ad Israele nel deserto dopo che gli ebrei furono liberati dalla schiavitù egiziana: “[Dio] ti ha umiliato, ti ha fatto provare la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per farti capire che l’uomo non vive soltanto di pane, ma che l’uomo vive di quanto esce dalla bocca del Signore”. – Dt 8:3, CEI.

   Il filosofo e teologo romano Agostino (354 – 430) scrisse: «Allora, ascolteremo forse la Scrittura? Allora … ascolteremo lo stesso Verbo [= parola] di Dio, lo mangeremo, lo berremo».

   Tutti hanno quotidianamente bisogno di cibo e il pane ne è preso a simbolo. Ogni credente, come tutti, ha pure la necessità di nutrirsi giorno per giorno. I credenti sono però consapevoli che c’è un cibo altrettanto importante e per certi versi ancor più necessario: il cibo spirituale. Yeshùa stesso, che disse: “Il mio cibo è fare la volontà di Dio” (Gv 4:34, TILC), si nutriva spiritualmente stando spesso in preghiera con Dio. “Egli si ritirava nei luoghi deserti e pregava” (Lc 5:16); “Si ritirò in disparte sul monte a pregare. E, venuta la sera, se ne stava lassù tutto solo” (Mt 14:23); “Egli andò sul monte a pregare, e passò la notte pregando Dio” (Lc 6:12). Yeshùa morì pregando. – Lc 23:46.

   Nella Sacra Scrittura il cibo e il nutrirsi sono spesso presi a metafora della spiritualità. Sembrerebbe quasi che Dio abbia creato il cibo per alludere al nutrimento spirituale!

   Ciascuno mangia quotidianamente in più occasioni, di solito tre volte al giorno. Guarda caso, la preghiera ebraica prevede tre preghiere principali (Arvìt, la preghiera serale; Shakhrìt, la preghiera mattutina; Minkhàh, la preghiera pomeridiana). Ne è un esempio il profeta Daniele che, “tenendo le finestre della sua camera superiore aperte verso Gerusalemme, tre volte al giorno si metteva in ginocchio, pregava e ringraziava il suo Dio come era solito fare”. – Dn 6:10.  

   Al di là della pratica quotidiana di preghiera, ogni credente ha tante altre occasioni di preghiera. A differenza del cibo vero e proprio, il credente può mangiare fuori pasto quando, come e quanto vuole. Con il cibo spirituale non si rischiamo mai indigestioni. Il cibo, spiritualmente parlando, è innanzitutto costituito dalla parola scritta di Dio, la Bibbia. Del nutrimento spirituale fa parte la lettura e la meditazione della Sacra Scrittura. Una vera prelibatezza culinaria spirituale è la lettura pregata della Bibbia. – Si vedano al riguardo La lectio divina e I vari momenti della lettura pregata della Scrittura.

   Al metodo della lectio divina è anche ispirata la nostra raccolta. Per questa ragione la trattazione dei versetti potrebbe apparire fuori contesto. Va però considerato che nell’applicazione personale delle Sacre Scritture, ovvero nella loro applicazione alle nostre personali circostanze, non viene affatto tradito l’insegnamento biblico. Se, ad esempio, leggendo 1Cor 13:7 (“Chi ama è sempre comprensivo, sempre fiducioso, sempre paziente, sempre aperto alla speranza”, TILC), si pensa come applicarlo alla propria moglie o al proprio marito oppure ai figli, non si va davvero oltre, anche se Paolo forse non aveva in mente gli stretti parenti. Infatti, “tutto ciò che fu scritto nel passato, fu scritto per nostra istruzione” (Rm 15:4). La lettura pregata della Bibbia è proprio un modo di applicare a noi personalmente ciò che la Scrittura dice.   

   Per la scelta dei versetti quotidiani non abbiamo seguito un criterio particolare. Infatti, “tutto ciò che è scritto nella Bibbia è stato ispirato da Dio e serve ad insegnarci la verità, ci convince, ci corregge e ci aiuta a fare ciò che è giusto” (2Tm 3:16, Bibbia della gioia). Avere una raccolta già ponta offre il vantaggio di non dover sfogliare la Bibbia alla ricerca di un versetto adatto.     

   Per ciò che riguarda la versione biblica abbiamo scelto la Traduzione interconfessionale in lingua corrente (TILC) per il suo italiano fresco e immediato, che è quello familiare di tutti i giorni, l’italiano parlato, appunto. In alcuni casi abbiamo scelto altre versioni (che vengono espressamente indicate). Se non compare alcuna citazione della versione biblica, questa è quella di riferimento ovvero la TILC.

   Prima di sfogliare Pane spirituale quotidiano, invitiamo a leggere anche gli articoli che seguono: La vita è difficile, ma non è grave e Il segreto di Pollyanna.    L’apostolo Paolo ripete due volte il suo incoraggiamento ad essere felici: “Siate sempre felici di appartenere al Signore! Lo ripeto: siate sempre felici!” (Flp 4:4, Bibbia della gioia). E, dopo aver detto di essere contento, aggiunge in Flp 2:18: “Anche voi godetene e rallegratevi con me” (CEI).  Non dimenticando che il nostro grande Creatore è chiamato nella Bibbia “felice Dio” (1Tm 1:11, TNM), a tutti rivolgiamo l’invito di Paolo: “Rallegratevi, pensando a tutto ciò che Dio sta preparando per voi”. – Rm 12:12, Bibbia della gioia.

La vita è difficile, ma non è grave

Il segreto di Pollyanna

Pane spirituale quotidiano (raccolta):

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Febbraio

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Aprile

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Luglio

Agosto

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Ottobre

Novembre

Dicembre